I manifestanti contro le misure anti-Covid stabilitisi a Wellington al centro delle accuse della polizia locale
Gli agenti hanno avvertito che chiunque venga colto a lanciare feci (visto il rischio di infezioni) rischia una pena detentiva di diversi anni
WELLINGTON - La polizia neozelandese ha accusato alcuni manifestanti contrari alle misure Covid intorno al Parlamento di Wellington di aver lanciato escrementi umani contro gli agenti di polizia che conducevano un'operazione per istituire dei posti di blocco.
L'azione dei manifestanti, lo ricordiamo, è iniziata due settimane fa su ispirazione dal «convoglio della libertà» canadese (che intanto ha visto la fine della propria occupazione a Ottawa), con centinaia di persone che si sono stabilite in zona con i loro veicoli, nonostante gli inviti della polizia ad andarsene.
Per impedire un'ulteriore espansione dei partecipanti, circa 300 agenti di polizia sono stati dispiegati questa notte per permettere di erigere barriere di cemento nelle strade principali.
Secondo la polizia, però, «era presente un gran numero di manifestanti molto rumorosi», e l'operazione non è affatto filata liscia. Gli agenti hanno dichiarato all'AFP di aver effettuato otto arresti, aggiungendo che sette poliziotti sono rimasti feriti da graffi e da colpi e che «alcuni sono stati colpiti» persino «da escrementi umani».
A tal riguardo, la polizia ha detto che «terrà conto» dei responsabili, avvertendo che il tentativo di infettare deliberatamente qualcuno è punibile con una pena detentiva che può raggiungere persino i 14 anni.
Finora la polizia e le autorità hanno preso poche misure contro la protesta, ritenendo che qualsiasi tentativo di usare la forza per sgomberare l'area possa portare ad una spirale di violenza. La premier neozelandese Jacinda Ardern ha però già chiarito a più riprese che non permetterà che le misure sanitarie anti-Covid vengano revocate a causa delle pressioni dei manifestanti.