Parlando di povertà in Italia (ma anche in Svizzera) con il patron dei City Angels, Mario Furlan
MILANO - Non sono beniamini del creato, ma messaggeri di speranza nell’inferno metropolitano. Non scendono dall’alto, ma salgono dai bassifondi delle città più ricche d’Italia e del Canton Ticino. Non aspirano alla santità, ma vivono comunque da angeli.
Sono provvisti di un nome, City Angels, e di un patron fondatore, Mario Furlan, e ora che la pandemia ha generato nuove sacche di povertà, sono indaffarati più che mai a rifocillare il simbolo della povertà italiana di cibarie e speranza.
«Accanto all’emergenza Covid-19, si affaccia lo spettro della miseria, la faccia nascosta della "pandemia sociale"», parla così a Tio il filantropico “condottiero” dei popolarissimi angeli di strada Mario Furlan che, in filo diretto dalla vicina Penisola, ci concede qualche ragguaglio circa l’alba dei “nuovi invisibili”.
Nonostante sia un Paese ricco, anche la Svizzera ha i suoi clochard! Stando ad uno studio commissionato dall’Ufficio federale delle abitazioni (UFAB), ogni notte, tra freddo e allerta sanitaria, sono 2'200 le persone che dormono per strada.
«Sì. La Confederazione non è immune dal problema, tuttavia noi City Angels portiamo assistenza e sicurezza soltanto in Canton Ticino, laddove il vagabondaggio è una realtà ancora sporadica. Quei pochi mendicanti che stazionano in ripari di fortuna elvetici, di solito arrivano dall’Italia e fanno notizia proprio perché sono eccezioni. Qualcheduno appartiene all’esercito dei “nuovi invisibili” creati dalla pandemia».
Chi sono i “nuovi poveri”, o meglio, i “nuovi ultimi”?
«Clochard italiani, ma anche rider, delle specie di fattorini addetti alla consegna a domicilio di cibo. C’è poi tutta l’ondata che riguarda persone adulte o anziane, sole o in coppia con problematiche sociali, costrette a tirare la cinghia per sbarcare il lunario. Parecchie vivono da mendicanti, ma in case-discarica, con notevoli problemi igienici e di sicurezza. Costoro hanno dato vita a una tendenza desueta: il "barbonismo domestico”, un disagio dei nostri giorni causato da chi si autoisola».
La popolazione femminile di senzadimora rappresenta una buona percentuale di quell’universo variegato e di difficile intercettazione in stato di emarginazione. Ci traccia un identikit delle clochard di ultima generazione?
«Il popolo delle sottotetto è in continuo aumento. Di solito si pensa che le donne siano una percentuale molto bassa, ma le ragazze e le signore schiacciate dalla crisi post-pandemica, che dopo la perdita di un lavoro stabile o un matrimonio fallito hanno per casa la strada, sono circa il 40%. Una situazione che le espone a rischi concreti, a violenze, come pure alla schiavitù del racket della prostituzione coatta. Non se ne vedono molte dormire sull’asfalto poiché la maggior parte possiede figli che dipendono da loro. Ovviamente questo spiega perché sono invisibili».
Chi c’è in testa alle classifiche delle città-dormitorio più gettonate dagli homeless 2022?
«Se parliamo del Ticino dico subito Lugano e Chiasso, ma, ripeto, è impossibile che un cittadino svizzero non abbia un tetto sotto il quale dormire, a meno che non sia lui stesso a rinunciare ai sussidi umanitari. Se parliamo invece dell’Italia, per quanto il capoluogo lombardo sia la città del virus più solidale e attrezzata d’Italia, la patria dei senza dimora a tutt’oggi è ancora la Capitale; d’altra parte è più facile fare i clochard nella mite e soleggiata Roma (5'000) piuttosto che nella grigia e gelida Milano (3'000)».
Ma, di preciso, come sopravvive (o muore) un vagabondo ai tempi del virus?
«La paura più brutta dell’uomo contemporaneo è ritrovarsi senza niente. Per strada. E con la pandemia da Covid il dramma è ancora più dramma: il terrore di morire, perché dimenticati dall’indifferenza, è sempre più reale. Per tutta risposta i morti per freddo, i senzatetto, non fanno notizia. Ma dobbiamo tenere conto che nelle camere mortuarie di tutto il continente, così come nelle celle frigorifere degli istituti di medicina legale, sono conservati diversi cadaveri che, privi di documenti, vagano anonimi, numerati o con la scritta “non identificato”».
È questa la grande accoglienza che diamo a chi cerca rifugio alle nostre latitudini?
«Se mal gestita l’immigrazione non crea integrazione bensì emarginazione. Ciò nonostante devo dire che l’Italia, con tutti i suoi limiti, è un Paese complessivamente ospitale. I senzatetto che hanno viaggiato tutta Europa, spesso mi confidano che nella Penisola si sta meglio che in Francia o in altre nazioni. Non a caso siamo tra i popoli europei che dedicano più tempo al volontariato. L’Italia è generosa».
La Confederazione è nota per aver adottato una politica di tolleranza zero nei confronti dei senzatetto. Ultimamente il servizio immigrazione ha persino optato per una soluzione sui generis: regalare ai senzatetto che bivaccano a Basilea biglietti treni o aereo di sola andata per tutta Europa. Qual è la sua opinione?
«La Svizzera rappresenta nell’immaginario collettivo tutto ciò che è ricchezza, organizzazione, sicurezza e pulizia, mi pare dunque ragionevole che non voglia assistere a clochard sparsi nei parchi o nelle piazze dei centri abitati; del resto i cantoni tendono sempre la mano a chi ne ha bisogno».
Mario Furlan è anche docente universitario di Motivazione e leadership, nonché “miglior life coach d’Italia” 2018. Ci spiega come sono cambiati mente e cervello nel corso di questa “tempesta pandemica?
«In principio si diceva che la pandemia ci avrebbe resi migliori: è una grande stupidaggine. La nostra è l’epoca dei muri. Dell’odio. Della paura. Oggi in Europa ci sono più barriere e fili spinati che durante la Guerra Fredda. Io sarò un illuso idealista ma credo che ogni creatura vivente sia un fratello. Non è buonismo. È essere buoni. Che non significa essere santi. Ma esseri umani. Sempre meglio che essere stronzi!».