Dopo anni di sostegno ai talebani dell'Afghanistan, i pakistani devono ora fare i conti con i talebani locali
Si identificano come Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) e si distanziano dall'essere definiti «un gruppo terroristico»
MAKEEN - Almeno sei soldati dell'esercito del Pakistan hanno ieri perso la vita a Makeen, nella regione del Waziristan meridionale, dopo uno scontro a fuoco con i talebani pakistani.
«Sei soldati, dopo aver combattuto valorosamente, sono diventati martiri», hanno scritto le forze armate di Islamabad in un comunicato ripreso dall'AFP. «L'esercito del Pakistan è determinato per eliminare la minaccia del terrorismo e tali sacrifici rafforzano solamente la nostra fermezza», si può leggere nella nota.
I talebani pakistani, che si identificano come Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP), sono stati rinvigoriti dalla presa del potere dei talebani in Afghanistan, e da allora hanno intensificato gli attacchi contro le forze pakistane, mostrandosi però con un nuovo volto rispetto al passato.
Ciò che si semina, si raccoglie
La recrudescenza del terrorismo interno in Pakistan «è un raccolto amaro, ma non inaspettato», secondo l'editrice del Foreign Policy Lynne O'Donnell. Secondo la sua analisi, Islamabad ha passato gli ultimi due decenni a sostenere i talebani in Afghanistan, solo per vedere il successo finale di questi ultimi fare da boomerang e minare la sicurezza del Pakistan stesso.
A detta del Pakistan Institute for Conflict and Security Studies (PICSS), gli attacchi dei militanti sono aumentati in modo allarmante dal maggio 2021, in coincidenza con l'avanzata dei talebani afgani. Lo Istituto per la Pace degli USA l'anno scorso ha descritto il TTP come una «forza notevolmente ridotta, ma che ha ancora i denti per mordere» e ha aggiunto che le sue «relazioni con altri gruppi militanti - in particolare i talebani afgani, al-Qaeda e l'ISK - sono determinanti nel fornire al gruppo benefici materiali, oltre a legittimare la sua ideologia».
«Stati Uniti, sosteneteci»
Il gruppo sta però ora lavorando anche a livello d'immagine. L'etichetta di «terroristi» affibbiata al TTP dal Governo pakistano (e non solo) inizia a star stretta ai membri del gruppo, che non vogliono (più) vedersela addossata.
In una dichiarazione rilasciata il 12 febbraio, il movimento ha infatti preso le distanze dal terrorismo internazionale, dichiarando di essere incentrato unicamente sul Pakistan. Nella stessa nota, il TTP ha anche invitato gli Stati Uniti ad una collaborazione in difesa dei diritti umani, invece di schierarsi con il «nostro nemico, gli oppressori del Pakistan». In una postilla rilasciata il giorno seguente, il TTP si è definito un «organizzazione militante islamica», focalizzata sull'«attuazione della shari'a (la legge islamica) in Pakistan» e con lo scopo di difendere le minoranze della regione.
Si tratta di commenti che sono stati definiti «senza precedenti» da Arif Rafiq, esperto di affari del Medio Oriente al Middle East Institute di Washington. Però, si inseriscono in modo coerente nello sforzo di «rebranding» messo in atto dalla nuova guida del gruppo, Noor Wali Mehsud, che è a capo del TTP dal 2018, che ha riunito le molte fazioni dell'organizzazione sotto un unico ombrello e che vuole dar loro una nuova immagine agli occhi del mondo.
Si tratta comunque di un'immagine che stride molto rispetto ai passati del gruppo, quando era considerato una delle organizzazioni terroristiche più prolifiche al mondo. È anche vero che oggi i livelli relativamente bassi di terrorismo in Pakistan non sono solo attribuibili alle migliorate capacità dell'esercito, ma anche a un cambiamento di comportamento da parte del TTP, che si è allontanato dagli attacchi indiscriminati e di massa, affinando la sua violenza in gran parte sulle forze di sicurezza pakistane.
Il Pakistan andrà in difficoltà? Improbabile
La situazione però è molto diversa da quella dell'Afghanistan. L'esercito pakistano, a differenza di quello afgano, non è una preda facile. La portata del TTP quale insurrezione è poi ben lontana dalla sua forza ed estensione maggiore, stimabile a più di dieci anni fa.
Per Rafiq, lo scenario migliore per il TTP sarebbe quello di riuscire a costringere Islamabad a concedere un territorio limitato (molto probabilmente alcune aree nel Nord e Sud del Waziristan) per costituire un mini-emirato. Come detto, però, seppur in grado di provocare fastidi non da poco, «un tale risultato è al momento improbabile».