«È stato terrificante», racconta il piccolo Jayden. «Qualcuno ha acceso della musica triste», ricorda Miah
Nel frattempo, non si placano le discussioni sull'operazione di polizia: secondo genitori e parenti gli agenti ci hanno messo troppo ad arrivare al killer
UVALDE - «Non voglio» più tornare a scuola «dopo quello che è successo», perché «so che potrebbe accadere di nuovo».
Sono le parole di un bambino di 10 anni, uno dei sopravvissuti alla sparatoria avvenuta martedì ad Uvalde, in Texas, che ha causato la morte di 21 persone. Affermazioni che però nessuno vorrebbe mai sentire pronunciate da un ragazzo così giovane, in cui il trauma è ancora forte.
Come è prassi negli Stati Uniti, il giovanissimo Jayden ha raccontato all'emittente Cnn che era stato allenato per giorni come quello, ma che in realtà non avrebbe mai pensato che sarebbe successo. Nel momento in cui lui e i suoi compagni hanno sentito gli spari, ha raccontato che la sua insegnante ha chiuso la porta e ha detto a tutti di «nascondersi e fare silenzio». «È stato terrificante, «sono ancora molto triste per alcuni dei miei amici, che sono morti».
Quando si è riunito alla famiglia, la madre è stata la prima ad abbracciarlo, e l'appello di Jayden è uno di quelli che fa venire la pelle d'oca: «Ricordatevi di abbracciare chi si ama, non si sa mai quando si può perdere qualcuno di caro».
«Ho finto di essere morta»
Un'altra testimonianza è arrivata dall'undicenne Miah, che ha raccontato di essersi imbrattata con il sangue di una compagna e di essersi finta morta per sopravvivere, nel caso in cui l'assassino fosse tornato.
Lo ha detto sempre alla Cnn, ma solo ad una reporter donna. Ha infatti rifiutato di parlare con gli uomini, a causa di quanto accaduto. «È successo tutto così in fretta», ha raccontato, «il killer ha ucciso prima un'insegnante che era andata alla porta, poi ha aperto il fuoco in classe» uccidendo molti suoi amici e colpendola con dei frammenti, ancora visibili sulla pelle della giovane.
L'omicida, a quel punto, è entrato nell'aula accanto e Miah ha udito delle urla, altri spari e della musica triste. Secondo la bambina sarebbe stato il killer a metterla. A quel punto si è finta morta - nel caso fosse tornato - e le è sembrato che siano passate delle ore, fino all'intervento della polizia.
«Non c'era un'agente alla porta»... (ed era aperta?)
A tal riguardo, monta sempre più decisa la protesta dei genitori e dei parenti delle vittime, che sostengono che la risposta degli agenti sia stata «troppo lenta» e che avrebbero potuto reagire in modo migliore.
Victor Escalon, direttore regionale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza (DPS), ha dichiarato ai giornalisti giovedì che gli investigatori stanno «ancora raccogliendo molte informazioni» sulla sparatoria, e che «non ci fermeremo finché non avremo tutte le risposte possibili».
Secondo la cronologia più recente degli eventi, resa nota da Escalon, ci sono delle novità. Dopo aver lasciato il suo veicolo vicino alla scuola alle 11:28, Salvador Ramos avrebbe sparato a due persone dall'altra parte della strada. L'uomo si sarebbe poi avvicinato, sparando più volte verso l'edificio ed entrando senza ostacoli da una porta sul retro (all'apparenza aperta) alle 11:40. Il tutto senza scontrarsi con un agente di sicurezza (come era invece stato detto in precedenza).
All'interno, il sospetto è entrato in un'aula «e ha sparato più di 25 volte», ha detto Escalon. La maggior parte degli spari è avvenuta all'inizio dell'attacco, ha aggiunto.
«I nostri agenti sono intervenuti in pochi minuti»
Gli agenti sono arrivati alla scuola alle 11:44, ma hanno dovuto mettersi al riparo dopo essere stati accolti dai proiettili del killer. Hanno allora richiesto più risorse e personale, iniziando nel contempo ad evacuare studenti e insegnanti in altre parti della scuola e ad avviare dei "negoziati" con il sospetto. Dopo circa un'ora, una squadra tattica della US Border Patrol è arrivata in classe, ha forzato l'ingresso e ha sparato fatalmente a Ramos.
La conferenza stampa di Escalon ha fornito qualche dettaglio in più, ma non ha dato molte delle risposte cercate dai genitori, in particolare relative alla disorganizzazione della risposta e al dubbio su come sia stato possibile che sia riuscito a rimanere all'interno dell'aula per così tanto tempo.
Il capo della polizia di Uvalde, Daniel Rodriguez, ha intanto rilasciato una dichiarazione per difendere la risposta dei suoi agenti, i primi dei quali sarebbero stati colpiti e feriti dall'omicida. «È importante che la nostra comunità sappia che i nostri agenti sono intervenuti in pochi minuti» ha dichiarato. Il DPS, nel frattempo, ha dichiarato che i poliziotti che hanno risposto alla sparatoria hanno salvato delle vite, mentre un portavoce ha chiarito che gli agenti non avevano informazioni sufficienti sull'esatta posizione del tiratore per poter agire in modo immediato.