Chris Pincher, membro del gabinetto, ha palpeggiato due uomini in un club dopo essersi ubriacato.
Dopo la pubblicazione di un articolo, il 52enne si è scusato e dimesso: «Avevo bevuto decisamente troppo e mi sono reso ridicolo».
LONDRA - Altra grana per il gabinetto di Boris Johnson, investito dall'ennesimo scandalo a impronta sessuale della politica britannica. Stavolta la bufera ha colpito e affondato Chris Pincher, costretto a dimettersi da vicecapogruppo (deputy chief whip) del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni, incarico che nel sistema del Regno assicura un seggio nel governo, dopo essersi ubriacato mercoledì smodatamente in un gentlemen club privato frequentato dai Tories, il Carlton Club di Londra, e aver «palpeggiato due uomini»: come rivelato in un piccante articolo del tabloid Sun.
Pincher, 52 anni, chiamato da febbraio a sovrintendere alla disciplina del gruppo di maggioranza parlamentare, si è scusato «senza riserve» e ha rimesso il mandato in una lettera inviata nella notte al primo ministro. «Avevo bevuto decisamente troppo e mi sono reso ridicolo», ha confessato, coprendosi tardivamente - e solo a misfatto scoperto - il capo di cenere. Al momento non risulta sia stato denunciato dai due uomini coinvolti. Ma Downing Street non ha potuto negare che «Chris si sia comportato molto male»; e la sua sospensione disciplinare dai ranghi del gruppo Tory - ratificata in serata - appare ormai una conseguenza minima.
L'opposizione laburista - pur toccata in tempi recenti da più di qualche ombra analoga, al pari degli indipendentisti scozzesi dell'Snp - ha colto la palla al balzo per tornare all'attacco di Johnson e sollecitare le dimissioni di Pincher anche da deputato, oltre a un'investigazione sull'accaduto. Il Partito Conservatore - ha tuonato la vice leader del Labour, Angela Rayner - «non può provare a insabbiare un nuovo episodio di potenziali molestie sessuali». Mentre la ministra dell'Interno ombra Yvette Cooper ha bollato come «una vergogna» la mancata espulsione immediata del reprobo da parte del premier. E anche due deputate conservatrici, Caroline Nokes e Karen Bradley, sono insorte per invocare un qualche vero sussulto di severità. Tanto più che si tratta di una vicenda tutt'altro che isolata, in uno scenario segnato in questi mesi da scandali piovuti a raffica su governo e maggioranza: non senza ricadute dirette su BoJo, come nel caso del cosiddetto Partygate, i ritrovi organizzati a Downing Street in violazione delle restrizioni anti-Covid imposte dallo stesso esecutivo a milioni di britannici fra il 2020 e il 2021.
Sfuggito un mese fa per il rotto della cuffia a un voto di sfiducia interno sulla sua leadership di partito, Johnson - al ritorno da un tour all'estero che lo ha visto ancora protagonista della linea dura contro Mosca per la guerra in Ucraina nei vertici di G7 e Nato - ha dal canto suo ripetuto oggi come un mantra che il governo va avanti per affrontare la crisi del costo della vita determinata dall'inflazione; che non ha in mente (per ora) ipotesi d'elezioni anticipate; e che certo non intende farsi da parte.
Il caso Pincher resta tuttavia un grattacapo in più, dopo le recenti dimissioni-bomba di Oliver Dowden, presidente del partito, chiamatosi fuori all'indomani della disfatta in due elezioni suppletive tenutesi il 23 giugno. A maggior ragione poiché il deputy chief whip uscente era già stato toccato da pesanti sospetti nel 2017, quando un aspirante candidato Tory, l'ex campione di canottaggio Alex Story, lo accusò di avergli fatto «avance sessuali» gay sgradite, promettendogli - se avesse ceduto - di spianargli la carriera nel palazzo come «un Harvey Weinstein di quart'ordine». Ma se l'era allora cavata con una mezza smentita, ottenendo di essere 'assolto' dagli organismi interni e infine reintegrato come nulla fosse in delicati ruoli di governo prima da Theresa May e poi da BoJo: con tanto di paradossale incarico - fino a ieri - da custode della condotta politica e degli standard di comportamento dei colleghi.