Il suo nome è Bilal. Da tempo terrorizzava i quartieri di Milano con rapine e scippi. Ha rubato perfino un Rolex
MILANO - La microcriminalità è un problema serio a Milano. Ce ne siamo occupati spesso. Le baby gang sono una triste e amara realtà che terrorizza oramai tutto l’hinterland fino al centro città. Dietro ogni ragazzino che finisce per dedicarsi al crimine c’è una storia. In questi giorni si fa un gran parlare di Bilal. Così si chiama il piccolo ladro seriale che è salito agli onori della cronaca in questi giorni, beccato decine e decine di volte dalla polizia milanese e non solo. Di lui non si sapeva nulla. Nemmeno la nazionalità, poi ha confessato di essere marocchino. Nemmeno l’età precisa. Si pensava fosse 12enne, poi nuove valutazioni mediche hanno portato ad approssimare la sua età sui 14 anni.
Una vita in fuga
Un particolare questo che ha cambiato il suo status. E forse, chissà, la sua storia, nel presente di sicuro, si spera anche in un futuro non più a delinquere. Bilal è diventato così “imputabile” ed è così che dopo essere stato beccato l’ultima volta, la scorsa settimana, la Procura per i minorenni ne ha quindi disposto l’arresto con affidamento al Centro prima accoglienza del carcere di Torino. Finora Bilal era scappato, puntualmente nel giro di poche ore, da tutte le comunità per minori a cui era stato affidato. Negli ultimi tre mesi ne ha girate 15 tra Salerno, Roma, Genova, Torino, Milano. Lo ha fatto anche dopo il suo penultimo fermo.
Una vita di furti
Il 10 ottobre aveva scippato un Rolex da 27 mila euro a un turista americano di 35 anni che stava passeggiando nella centralissima via Manzoni, spruzzandogli uno spray al peperoncino in faccia. Portato a Genova, era scappato e in poche ore, addirittura a bordo di un Frecciarossa, di ritorno a Milano. Alla Stazione centrale, luogo ideale per i suoi furti. Anche se l’ultima volta gli è andata male. Bilal ha strappato due collanine a due donne di 31 anni e una di 19 anni. Preso e, stavolta, arrestato.
Dal Marocco con furore
Poco prima aveva avuto il tempo di raccontare la sua storia da bambino non comune al Corriere della Sera. A 9 anni era partito da Fez, in Marocco, passando dal porto di Tangeri fino a raggiungere l'Europa. Bilal è stato un anno in Spagna tra Malaga, Barcellona, Alicante, San Sebastian; poi un anno in Francia tra Parigi, Marsiglia e Tolosa, ma anche in Germania a Colonia e Francoforte, in Danimarca, in Olanda. Dice di avere una casa a Rho insieme ad alcuni amici. Racconta della sua famiglia che non vuole che lui rubi ma si sente obbligato a farlo per aiutarla.
Solo un anno a scuola
Il padre, secondo le sue parole, avrebbe un piccolo bar in Marocco. A lui spedisce la maggior parte dei soldi frutto della sua attività criminale. Il resto lo tiene per se spendendolo in vestisti, mangiare e sigarette. Ai carabinieri ha detto di avere la scabbia e di essere «drogato di Rivotril», un farmaco a base di benzodiazepine. Gli esami tossicologici hanno escluso l’uso di stupefacenti. A scuola non ci è quasi mai andato, solo un anno in Marocco, racconta, poi ha rubato, ha picchiato compagni e insegnanti, e di lì a poco ha abbandonato tutto. Sul suo presente criminoso e sul suo futuro pare avere le idee chiare: «Essere aiutato? Sì, però non voglio stare chiuso in comunità. Voglio anche essere libero di stare qui, di uscire. Questa è la mia vita. Trovatemi un lavoro, mille euro al mese. Mi bastano e non rubo più». Don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile Beccaria, su di lui ha detto: «Bisogna strappare Bilal alla strada e dargli un futuro. Serve una proposta educativa».
Si spostano in gruppo, “lavorano” di squadra, in staffetta. Segni particolari: donne incinta. Tra le tante pieghe della criminalità milanese c’è anche la piaga delle borseggiatrici della metropolitana. Se ne occupa spesso anche Striscia la Notizia. Anche la rete è oramai piena di video di donne nomadi, bosniache o italiane di etnia rom, tutte in stato interessante che scorrazzano per le stazioni della metro, Centrale, Duomo e Cadorna, rubando borse, portafogli e quant’altro. Si muovono sempre in gruppetti, una volta compiuto il misfatto passano velocemente la refurtiva a una di loro che scende immediatamente, le altre restano sul mezzo. La gravidanza delle borseggiatrici è una tecnica ben nota per sfuggire alle maglie della legge, visto che non possono essere punite in conseguenza del loro stato interessante. Da più parti si chiede che la normativa venga rivista così come inasprite le espulsioni con foglio di via.