Nel 2022 sono state registrate 256 morti violente di gay, lesbiche, bisessuali e transgender
RIO DE JANEIRO - Sulla mappa dell'odio omofobo mondiale, il Brasile è cerchiato in rosso. Nonostante il Paese abbia sostanziali leggi a tutela della società arcobaleno, anche nel 2022 si è confermato come il più letale tra le democrazie, registrando 256 morti violente di lesbiche, gay, bisessuali, e transgender.
Una strage silenziosa, che ha contato una vittima ogni 34 ore. Numeri alti, ben oltre quelli degli Stati Uniti, dove ad esempio sono stati assassinati 32 transessuali, contro i 114 del Brasile, l'equivalente di uno ogni tre giorni.
Il bilancio è contenuto nel rapporto dell'Osservatorio del Gruppo gay di Bahia, che indica l'area del nord-est - storicamente segnata da una forte cultura machista - come la più pericolosa per la comunità Lgbt+, col 43,3% di vittime (111). Una cupa classifica guidata dallo stato di Bahia con 27 morti (10,5%). E a seguire San Paolo con 25 (9,7%), e Pernambuco con 20 (7,8%).
Rio de Janeiro, che nella relazione precedente si classificava al terzo posto con 27 casi, nel 2022 ha visto una flessione, scendendo al nono posto, con 12.
Confrontando poi il numero di omicidi in proporzione alle città con più di 100mila abitanti, il minuscolo Timom, nello Stato del Maranhao, risulta essere il comune più inospitale per il popolo arcobaleno, 62 volte più pericoloso della città di San Paolo, mentre lo stato più "gay friendly" è Rio Grande do Sul.
Ma la violenza omofoba ha avuto una sua costante nel tempo in Brasile. A dimostrarlo sono i registri dell'Osservatorio, secondo i quali il dato totale delle morti violente dal 1963 è di 6977. Stando a una ricerca della direzione per la promozione dei Diritti Lgbt del ministero dei Diritti umani (ente che era stato chiuso dal governo di Jair Bolsonaro), tra il 2011 e il 2018 le vittime avevano addirittura toccato il picco di 552: una ogni 16 ore.
Il nuovo esecutivo di Luiz Inácio Lula da Silva prova a voltare pagina. Non è un caso che a condurre la promozione e la difesa dei diritti Lgbt+ per il governo sia una transgender, Symmy Larrat, che andrà a ricoprire una posizione inedita nell'area che integra il ministero dei Diritti Umani, diventando il primo travestito in una segreteria federale del Paese.
Femminista e attivista, Larrat è presidente dell'Associazione brasiliana di lesbiche, gay, bisessuali, travestiti, transessuali e intersessuali, ed è già stata coordinatrice Lgbt+ del governo di Dilma Roussef, oltre ad aver messo in marcia un importante programma di politiche pubbliche per le persone transgender, per conto della città di San Paolo durante l'amministrazione di Fernando Haddad.
E ora Larrat si prepara a fare la differenza per il popolo arcobaleno brasiliano. Dai suoi profili social fa sapere: «Conosco l'immensa sfida di questo compito e ciò che il momento storico ci richiede. Spero di dare le risposte necessarie e di cui ha bisogno la nostra gente da questo spazio, che prima non era mai stato occupato da nessuno di noi».