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BIELORUSSIAIl dittatore e la "cambiale" da riscuotere

27.06.23 - 16:20
Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha fatto da mediatore nella crisi tra Mosca e il gruppo Wagner. Ma cosa ci guadagna?
AFP
Il dittatore e la "cambiale" da riscuotere
Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha fatto da mediatore nella crisi tra Mosca e il gruppo Wagner. Ma cosa ci guadagna?

MINSK - Cosa ci ha guadagnato Alexander Lukashenko? Il presidente bielorusso, che negli anni si è meritato il titolo non ufficiale di "alfiere di Putin" - che probabilmente lui non amerà molto -, ha avuto riflessi scattanti nelle ore immediatamente successive alla "marcia" verso Mosca del gruppo Wagner, intestandosi l'intercessione che ha fatto da estintore alla crisi. Il dittatore bielorusso ha già incassato i ringraziamenti dello zar, ma è facile immaginare che ci sia qualche altra "cambiale" che, in quel di Minsk, intendano ora riscuotere.

Per Lukashenko, a lungo schiacciato dalla presenza dell'ingombrante vicino e dalla zavorra delle sanzioni occidentali, è sicuramente un momento da capitalizzare. Di certo, il presidente bielorusso - anche se ancora non conosciamo quale sia stata la profondità delle sue azioni né tanto meno i dettagli dell'intesa - ha rinsaldato la sua posizione, mostrando a Mosca di essere ancora utile alla causa. Anche quando si trova a intervenire a un livello superiore al suo. O, detto altrimenti: ha dato motivo al Cremlino di mantenerlo al suo posto.

Poi c'è il fattore Wagner. Batka ha fornito una scappatoia al numero uno del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, e agli uomini che intendono seguirlo in Bielorussia. In potenza, il quadro - osserva l'Istituto per lo Studio della Guerra (ISW) - offre al presidente bielorusso un nuovo asset militare. «Lukashenko potrebbe voler usare Prigozhin e i combattenti del gruppo Wagner per contrastare l'eterno sforzo della Russia di voler stanziare una presenza militare permanente» nel Paese. Questo considerando tutti i ma del caso, perché, prosegue l'analisi, «la misura in cui Lukashenko sarà in grado di cooptare Prigozhin rimane incerta». E con essa anche la capacità di respingere un'eventuale richiesta d'estradizione per l'oligarca da parte del Cremlino.

Ergo, se il pressing di Mosca in tal senso si facesse insistente, ecco allora che Minsk non sarebbe più un rifugio sicuro per il numero uno della Wagner e i suoi più fedeli soldati. Perché in quanto tali - nonostante le parole "dolci" di Putin verso quelli che sono considerati gli "eroi" dell'operazione speciale in Ucraina - «è molto probabile che vengano considerati traditori agli occhi del Cremlino».

In quest'ottica, osserva l'ISW, Putin potrebbe aver presentato l'opzione bielorussa «come una trappola» per i wagneriani. In fondo, senza il "timbro" dello zar, anche le garanzie offerte da Lukashenko finiscono per valere carta straccia da quelle parti. E in passato è già accaduto che il presidente bielorusso utilizzasse combattenti del gruppo Wagner - in quel caso, però, si trattava di soldati arrestati nel Paese - come merce di scambio per riconciliarsi con la Federazione Russa dopo gli screzi legati a (presunte) ingerenze di Mosca nelle elezioni presidenziali del 2020. E, parlando di garanzie, anche quella di mantenere lo status quo potrebbe essere una "cambiale" interessante per Minsk. In tutto questo, per Lukashenko resta sullo sfondo anche una potenziale grana: cosa succede se Prigozhin dovesse arrivare ai ferri corti, di nuovo, con Putin o qualche suo stretto alleato? Come si dice: affaire à suivre.

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