La alfa-gal, una nuova sindrome che si sta diffondendo negli States rende anche un hamburger potenzialmente pericoloso. Ecco che cos'è.
NEW YORK - «Non ho mai sentito parlare della sindrome alfa-gal, la scopro ora e forse anche io dovrei fare i test, perché capita spesso di sentirmi poco bene dopo aver mangiato una bistecca». Ariele, una studentessa universitaria del Bronx, come tanti altri concittadini, non conosce questa sindrome, che è alla base dell’allergia da carne che ormai interessa quasi mezzo milione di americani.
Le prime segnalazioni risalgono al 2008; a oggi i casi accertati sono circa 110mila, secondo un nuovo studio realizzato dai CDC, l’organismo americano di controllo sulla sanità pubblica. Ma i numeri reali sono molto più alti, perché come spiegano gli esperti: da una parte, sono poche le persone che chiedono consulti medici in merito, dall’altra si tratta di una sindrome difficile da individuare. I sintomi sono infatti comuni ad altre patologie e possono includere: orticaria, nausea, diarrea, fino allo shock anafilattico per le forme più acute.
Le zecche sembrano essere le maggiori imputate della trasmissione, basta infatti un loro morso per iniettare nel sangue umano uno zucchero presente nella carne di manzo, maiale, agnello, che è la causa dello sviluppo dell’allergia.
A rendere più difficile l’identificazione della sindrome alfa-gal anche il fatto che i sintomi nelle persone allergiche non si manifestano sempre allo stesso modo quando viene mangiata la carne. A volte, le reazioni sono acute, altre non si manifesta alcun malessere. «È costantemente incoerente», ha detto il dottor Salzer, uno degli autori degli studi. «Questo rende la sindrome una vera sfida per gli operatori sanitari».
Anche Marie, che incontriamo al mercato di Union Square, a Manhattan, ci racconta di aver solo sentito parlare della diffusione di questa allergia. «Non mi stupisce. Il cibo non è sano come una volta, stiamo sviluppando intolleranze di ogni tipo».
Le ripercussioni di questa allergia non sono solo mediche, ma anche economiche. Sono tanti gli operatori del settore che temono un calo del consumo di carne e un affievolimento del mito americano del “barbecue”, un business che negli Stati Uniti vale quasi tre miliardi di dollari.