Dopo il Covid, Disney World non si è mai ripresa davvero. E pure il cambiamento climatico ci mette lo zampino
NEW YORK - Disney World, considerato da sempre un paradiso per i più piccoli (ma non solo) sta gradualmente diventando una “ghost town”, una città fantasma.
La maggiore attrazione di Orlando, in Florida, ormai da qualche mese è infatti costretta a fare i conti con un forte calo del turismo. Numerose foto, ma anche diverse testimonianze di agenzie specializzate, hanno confermato che quest’anno quasi mai si sono verificate quelle file immense per accedere ai giochi, che in passato erano croce e delizia delle famiglie.
Anche se questo calo può essere esteso alla maggior parte dei parchi a tema nel mondo, quello di Orlando paga una confluenza di fattori particolarmente negativi per il business. Prima di tutto, il caldo estremo di questi mesi estivi, che ha portato molti a scegliere mete più fresche o attività che non si svolgessero all’aperto; ha poi sicuramente influito anche l’incertezza economica e l’aumento poderoso dei prezzi.
Ma non ha giovato al settore del turismo neanche la guerra aperta tra Disney e il governatore Ron DeSantis, iniziata con la critica del parco a una legge ritenuta lesiva dei diritti gay e continuata con una denuncia del colosso dell’intrattenimento allo stesso governatore, dopo il passaggio di un piano che revocava i privilegi di auto-governo della Disney.
Che questa estate non ci sarebbe stato il pienone, negli uffici di Orlando lo avevano capito quasi subito. L’ultimo quattro luglio, il giorno dell’Indipendenza, una delle ricorrenze più festeggiate e sentite in America, per Topolino e amici è stato, sul piano del turismo, il peggiore degli ultimi dieci anni.
In una intervista alla televisione americana CNBC, il CEO di Disney, Robert Iger, ha però cercato di minimizzare, spiegando che il calo fosse fisiologico. «Durante il periodo del Covid- ha detto- la Florida ha aperto presto. Non c’era competizione, perché una serie di altri posti erano chiusi».
Il paragone tra quest’anno quindi e i precedenti, secondo Iger, sarebbe quindi falsato, in quanto oggi la competizione tra i luoghi di attrazione è sicuramente maggiore. Fatto sta che però nessuno si sarebbe mai aspettato una battuta d’arresto del parco divertimenti più famoso al mondo e molti ora si chiedono se non sia tempo di rivederne il concetto.