Gli agricoltori bulgari hanno organizzato una manifestazione in segno di protesta contro le decisioni del Parlamento.
SOFIA - In Bulgaria si tiene oggi una protesta nazionale degli agricoltori dopo che giovedì scorso il Parlamento di Sofia ha revocato il divieto di importazione di grano ucraino nel Paese.
'È una rivolta', titola il canale televisivo Nova mostrando immagini dei 46 blocchi con centinaia di trattori e altre macchine agricole nei punti più nevralgici della rete stradale in Bulgaria. La rabbia degli agricoltori è scoppiata dopo che sabato scorso il premier Nikolay Denkov ha definito i produttori di grano "dei terroristi" con i quali "non intendo trattare". Le parole di Denkov hanno suscitato indignazione nei media, con i leader dell'opposizione in parlamento e di strutture politiche extraparlamentari che hanno chiesto dimissioni immediate.
Il comitato d'iniziativa ha sottolineato che «nella protesta per salvare l'agricoltura bulgara» sono coinvolti non soltanto i produttori di cereali e semi di girasole, ma anche gli allevatori di bestiame, gli apicoltori e i produttori di frutta e verdura. La richiesta principale delle 25 organizzazioni agricole scese in strada è di prorogare il divieto di importazione di grano ucraino e semi di girasole nel Paese, nonché di imporre il veto sull'importazione dall'Ucraina di frutta e verdura, carne, latte e miele.
Domani le proteste dovrebbero trasferirsi davanti alla sede del Consiglio dei ministri nel centro della capitale Sofia. Sui social intanto si invitano i manifestanti a presentarsi in maglietta bianca con la scritta in grandi caratteri neri 'Io sono un terrorista'.
La questione delle restrizioni alle esportazioni dei cereali agricoli ucraini apre uno scontro all'interno della Commissione europea che venerdì scorso ne ha disposto la revoca. In una dichiarazione all'agenzia di stampa polacca Pap, il commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha riferito di aver chiesto alla presidente dell'esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, di analizzare nuovamente la situazione e di ripristinare il divieto.
«Non ritengo che la questione sia definitivamente chiusa» ha dichiarato Wojciechowski avvertendo del «rischio di una nuova destabilizzazione del mercato» non solo nei cinque Paesi più interessati dalle misure restrittive, «con potenziali conseguenze sfavorevoli per la stessa Ucraina».
Il politico polacco ha insistito sulla necessità di «migliorare il transito del grano dall'Ucraina attraverso i corridoi di solidarietà mediante sovvenzioni per il transito via mare utilizzando i porti del Baltico e del Mediterraneo». «Si tratta - ha aggiunto - di una compensazione per l'uso di vie di transito più lontane e quindi meno redditizie».
Lo scorso aprile la Commissione europea ha varato delle misure restrittive per le esportazioni di grano, mais, semi di colza e semi di girasole dall'Ucraina sul territorio di Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. Le misure, in vigore fino al 15 settembre, limitavano a soli motivi di transito l'ingresso dei carichi nei cinque Paesi dell'Est. In seguito alla decisione dell'esecutivo comunitario di revocare lo stop, i governi di Polonia, Ungheria e Slovacchia hanno introdotto in via unilaterale un divieto all'esportazione di cereali ucraini.