Nel 2020 lo scrittore aveva definito l'attuale presidente del Consiglio italiano una «bastarda» nel contesto dell'emergenza migratoria
ROMA - Si è conclusa con una multa e poco altro il processo per diffamazione Meloni contro Saviano. La presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia aveva trascinato lo scrittore e giornalista in tribunale dopo che nel 2020 l'aveva tacciata di «bastarda» nel corso di una trasmissione sul La7 incentrata sull'emergenza migratoria e sullo sfruttare le tragedie in mare per scopi politici.
Lo scrittore è stato condannato a una pena pecuniaria sospesa di mille euro, di molto inferiore a quanto richiesto dalla procura di Roma nelle fasi iniziali del procedimento penale: ossia 10mila euro. A Saviano è stato inoltre riconosciuto di aver agito «per motivi di particolare valore morale» - riporta Open - e la condanna non apparirà nel suo casellario giudiziario. In ogni caso, il suo legale ha annunciato che tenterà un ricorso in appello.
Già in aula, Saviano ha rilasciato spontaneamente una dichiarazione: «Pur nell'assurdità di essere portato a giudizio dal presidente del Consiglio dopo averla criticata, non c'è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero». Poi, all'esterno del tribunale di Roma: «Uno degli obiettivi di questo governo è mettere le mani addosso economicamente a chi li contesta». E si è detto «fiero di aver fatto questo processo».
Nel procedimento aveva provato a inserirsi anche Matteo Salvini, oggi ministro delle Infrastrutture e dei trasporti italiano. Era infatti incluso nelle critiche che Saviano aveva rivolto a Meloni nel definire "taxi del mare" e "crociere" i barconi che carichi di persone in cerca di un futuro migliore tentano l'attraversamento del Mediterraneo - e che negli anni ha spezzato migliaia di vite. In particolare a Piazzapulita Saviano aveva affermato: «Viene solo da dire: bastardi, come avete potuto? A Meloni, a Salvini, bastardi. Tutto questo dolore descriverlo così. Era legittimo avere un'opinione politica diversa dall'accoglienza, ma non sull'emergenza. Non su chi è in mezzo al mare, non su chi sta salvando persone».
Salvini però non lo aveva denunciato, ma aveva comunque tentato di costituirsi parte civile, chiedendo un risarcimento, in caso di condanna, di 75mila euro. La sua richiesta, era stata respinta dal giudice monocratico di Roma in quanto «soggetto estraneo rispetto all'imputazione come formulata».