Gli attacchi avvengono per lo stesso motivo: il credo religioso. Ma a livello politico e di sicurezza, alcune vittime valgono più di altre
In questi giorni in Europa si parla molto di antisemitismo. Il numero di attacchi di vario genere contro le persone che professano l'ebraismo è aumentato esponenzialmente in pochissimo tempo. Dall'inizio delle ostilità in Medio Oriente, nel Regno Unito sono stati notificati 1'019 incidenti, in Francia - dove risiede la più grande comunità ebraica a livello europeo - ne sono stati registrati 1'040. Per dare un'idea del fenomeno: nella sola città di Londra nei primi 18 giorni di conflitto i casi sono stati 218, ossia 203 in più rispetto allo stesso periodo del 2022; e in Germania tra il 7 e il 15 ottobre ne sono stati segnalati 202, a fronte dei "soli" 59 dello scorso anno.
Questi numeri hanno portato le varie istituzioni - religiose e politiche - a prendere posizione e a condannare tali atti, che vanno dalle minacce e dagli attacchi verbali a quelli fisici. Ultimo caso è stato quello di una donna in Francia, pugnalata sulla soglia di casa e sulla cui porta è stata disegnata una svastica. Un altro atto particolarmente violento è avvenuto anche a Berlino, con il lancio di alcune molotov contro un luogo di culto.
E, dicevamo, non sono mancate le condanne. A Parigi il ministro degli Interni francese Gérald Darmanin - accusato lui stesso nel 2021 di antisemitismo - ha descritto gli atti come un «veleno contro cui è necessario combattere», puntando il dito contro «l'estrema sinistra» - la polizia ha però precisato che i profili delle persone arrestate sono tra i più disparati. In Germania il vice-cancelliere Robert Habeck ha invece promesso un pugno di ferro: «L'antisemitismo non verrà tollerato». A livello europeo la Commissione europea ha riconosciuto domenica in una nota il problema, parlando di «picco di episodi», di «livelli straordinari» e di atti «contrari a tutto ciò che l'Europa rappresenta».
Ad aumentare non sono però stati soltanto gli attacchi antisemiti, ma anche quelli di radice islamofoba. Lo dimostrano i dati raccolti dal Regno Unito, dove si sono verificati 291 incidenti, di cui 101 solo nella capitale. Negli Stati Uniti, l'American-Islamic Relations ha ricevuto 774 segnalazioni, con un aumento del 182%. A livello europeo, però, seppur si parli di aumento, non ci sono dati: Londra è stata infatti l'unica, come si legge in report di Human Rights Watch, a segnalare questo tipo di recrudescenza. Il motivo lo si può trovare all'interno del rapporto europeo sull'islamofobia del 2022: «La maggior parte degli Stati europei non distingue gli attacchi islamofobi dai crimini d'odio in generale». Perché?
Definire l'islamofobia in Europa è molto difficile. Perché il limite tra ciò che è considerato un atto violento illegale nei confronti delle persone mussulmane e la limitazione legale dei loro diritti è labile. Basti considerare, come si legge ancora nel rapporto, che «in Danimarca i bambini nati in quartieri in cui vivono immigrati prevalentemente mussulmani, e definiti dal governo danese dei ghetti, vengono separati dalle loro famiglie per 35 ore alla settimana per imparare i valori danesi. I governi di Austria e Francia hanno identificato il separatismo islamico e l'Islam politico come problemi di sicurezza nazionale, senza definire chiaramente questi termini». In Svizzera per esempio è stata vietata la costruzione di nuovi minareti e ancora Parigi è stata accusata di islamofobia davanti al Parlamento europeo lo scorso settembre durante la prima giornata a livello europeo dedicata al tema.
Interpellato dalla Bbc, il direttore aggiunto per l'Europa di Human Rights Watch Benjamin Ward ha confermato alcuni giorni fa che Francia e Germania, a differenza del Regno Unito, non hanno un database in cui vengono registrati gli attacchi islamofobi «e questo è un problema, perché così non puoi combatterli. Si tratta di una lacuna importate. Per le autorità è difficile reagire in maniera appropriata se non conoscono l'ampiezza del problema, il tipo di incidenti e il luogo in cui si verificano».
In un tweet del 7 novembre, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si è detto «profondamente turbato dall’aumento dell’antisemitismo e del fanatismo anti-musulmano. Le immagini della sofferenza in Medio Oriente spezzano il cuore e schiacciano l’anima. Ma la retorica piena di odio e le azioni provocatorie devono cessare. Dobbiamo trovare un modo per mantenere la nostra comune umanità.
I am deeply troubled by the rise in antisemitism & anti-Muslim bigotry.
— António Guterres (@antonioguterres) November 7, 2023
The images of suffering in the Middle East are heart breaking & soul crushing.
But hateful rhetoric and provocative actions must cease.
We must find a way to hold on to our common humanity. pic.twitter.com/rTsxGptcrZ