La mossa mette rischio l'obiettivo di contenere entro il limite di +1,5 gradi l'aumento del riscaldamento globale.
GINEVRA - I governi dei principali paesi produttori di petrolio, gas e carbone intendono più che raddoppiare (110%) la produzione di combustibili fossili nel 2030 mettendo a rischio l'obiettivo di contenere entro il limite di +1,5 gradi l'aumento del riscaldamento globale.
La produzione aumenterebbe del 69% rispetto all'obiettivo di aumento globale della temperatura di 2 gradi rispetto al periodo preindustriale. Questo nonostante 151 paesi si siano impegnati a raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette e le ultime previsioni suggeriscano che la domanda globale di carbone, petrolio e gas raggiungerà il picco in questo decennio, anche senza nuove politiche.
È il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep) a mettere in guardia su questo rischio a meno di un mese dall'avvio della Conferenza mondiale sul clima, la Cop28, che si aprirà a Dubai il 30 novembre, dove 195 stati sono chiamati a verificare gli impegni di riduzione dei gas a effetto serra.
Il rapporto diffuso oggi "Production Gap" - stilato da Stockholm Environment Institute, Climate Analytics, E3G, International Institute for Sustainable Development e Unep - valuta la pianificazione prevista dai governi della produzione di carbone, petrolio e gas rispetto ai livelli globali coerenti con l'obiettivo di temperatura dell'Accordo di Parigi sul clima.
Il rapporto annuale mostra i progetti dei 20 principali Paesi produttori di combustibili fossili: Australia, Brasile, Canada, Cina, Colombia, Germania, India, Indonesia, Kazakistan, Kuwait, Messico, Nigeria, Norvegia, Qatar, Russia Federazione, Arabia Saudita, Sud Africa, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e Stati Uniti d'America. Nessuno si è davvero impegnato a ridurre la produzione di carbone, petrolio e gas in linea con la limitazione del riscaldamento a 1,5 gradi centigradi.