Amnesty International denuncia le pratiche delle forze di sicurezza iraniane nella repressione del movimento "Donna Vita Libertà".
TEHERAN - Il mondo guarda da un'altra parte, a Gaza, dove l'escalation di violenza ha catalizzato una buona parte dell'attenzione mediatica. Eppure le donne iraniane, protagoniste del movimento "Donna, vita, libertà", dopo più di un anno di lotta continuano però a subire abusi, torture e maltrattamenti da parte delle forze dell'ordine.
La rivoluzione iraniana è passata (assieme alla guerra in Ucraina) parzialmente in secondo piano. Una fase dormiente del movimento che però non ha rinunciato ai propri obiettivi. Amnesty International attraverso un rapporto di 120 pagine ("They violently raped me": Sexual violence weaponized to crush Iran's "Woman Life Freedom" uprising"), ha documentato il calvario di 45 persone sopravvissute, (26 uomini, 12 donne e sette bambini), che hanno subito stupri, stupri di gruppo e altre forme di violenza sessuale da parte dei servizi segreti e delle forze di sicurezza.
La violenza sessuale come arma - «La nostra ricerca rivela come gli agenti dell'intelligence e della sicurezza in Iran abbiano usato lo stupro e altre violenze sessuali per torturare, punire e infliggere danni fisici e psicologici a lungo termine a chi manifestava, compresi i bambini di 12 anni», ha spiegato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International. «Le testimonianze strazianti che abbiamo raccolto indicano un modello più ampio nell'uso della violenza sessuale come arma chiave nell'arsenale delle autorità iraniane per reprimere le proteste e sopprimere il dissenso, al fine di aggrapparsi al potere a tutti i costi».
Nessuna indagine è stata aperta da parte delle autorità iraniane e nessun funzionario è stato perseguito per i reati commessi. «I pubblici ministeri e i giudici iraniani non solo hanno dato prova di complicità, ignorando o coprendo le denunce di stupro delle persone sopravvissute, ma hanno anche usato 'confessioni' condizionate dalla tortura per formulare false accuse contro le stesse persone e condannarle all'incarcerazione o alla morte. Le vittime non hanno avuto alcun ricorso né riparazione; solo impunità istituzionalizzata, silenzio e molteplici profonde cicatrici fisiche e psicologiche».
Donne, uomini e bambini - Tra le vittime c'erano donne e ragazze che si erano tolte il velo, ma anche uomini e ragazzi che erano scesi in strada per esprimere il proprio dissenso nei confronti di decenni di discriminazione e oppressione di genere. La prevalenza delle violenze sessuali durante la rivolta "Donna Vita Libertà" è difficile da stimare, poiché lo stigma e il timore di rappresaglie di solito portano a non denunciare i fatti.
Le testimonianze raccolte da Amnesty sono scioccanti. «Gli agenti di Stato hanno violentato le donne e le ragazze per via vaginale, anale e orale, mentre gli uomini e i ragazzi sono stati violentati per via anale», spiega il rapporto.
Farzad, che ha subito uno stupro di gruppo in un furgone delle Forze speciali della polizia, ha raccontato ad Amnesty International: «Agenti in borghese ci hanno messo di fronte alle pareti del veicolo e ci hanno dato scosse elettriche alle gambe. Mi hanno torturato con percosse, rompendomi il naso e i denti. Mi hanno tirato giù i pantaloni e mi hanno violentato. Mi hanno fatto a pezzi».
Maryam, che è stata violentata in gruppo in un centro di detenzione delle Guardie rivoluzionarie, ha raccontato che i suoi stupratori le hanno detto: «Siete tutte drogate di pene, quindi vi abbiamo fatto divertire. Non è questo che cercate dalla liberazione?».
Sconvolti dal trauma ma con il desiderio di giustizia - Le donne, gli uomini e i bambini sopravvissuti hanno raccontato ad Amnesty International di continuare ad affrontare i traumi fisici e psicologici dello stupro e di altre forme di violenza sessuale.
La madre di uno scolaro violentato ha raccontato ad Amnesty International che suo figlio ha tentato due volte il suicidio mentre era in custodia.
Zahra, una donna che è stata violentata da un agente delle Forze speciali di polizia, ha descritto le conseguenze psicologiche a lungo termine. «Non credo che sarò mai più la stessa persona. Non troverete nulla che mi riporti a me stessa, che mi restituisca l'anima. Spero che la mia testimonianza porti alla giustizia e non solo per me».
Il dovere della comunità internazionale - Crimini che non possono restare impuniti. «Senza la volontà politica e le fondamentali riforme costituzionali e legali, le barriere strutturali continueranno ad affliggere il sistema giudiziario iraniano, che ha più volte messo in luce la sua vergognosa incapacità e mancanza di volontà di indagare efficacemente sui crimini commessi secondo il diritto internazionale», ha dichiarato Agnés Callamard.
«Senza prospettive di giustizia a livello nazionale, la comunità internazionale ha il dovere di stare dalla parte delle persone sopravvissute e di perseguire la giustizia. Dovrebbe sostenere l'estensione del mandato della missione d'inchiesta delle Nazioni Unite sull'Iran, per garantire che un meccanismo indipendente continui a raccogliere, conservare e analizzare le prove dei crimini di diritto internazionale e di altre gravi violazioni dei diritti umani. Esortiamo gli Stati ad avviare indagini penali nei loro Paesi contro i presunti responsabili in base al principio della giurisdizione universale, con l'obiettivo di emettere mandati di arresto internazionali».