Il Cremlino vuole intensificare lo sforzo sul fronte ucraino in vista della scadenza di marzo, sfruttando le "crepe" tra gli alleati di Kiev
KIEV - Non serviva certo il freddo dell'inverno che incombe a congelare lo scacchiere ucraino, là dove lo stallo militare si è fatto, a tutti gli effetti, modus vivendi; dove nessuno - nonostante controffensive fallite e un bilancio di sangue con sempre più zeri - vuole arrendersi e nessuno, per ora, è in grado di vincere. Ma il freddo arriva comunque e il presidente Vladimir Putin è intenzionato a farne un suo manifesto in vista delle elezioni presidenziali del prossimo marzo (e che, ha annunciato la Commissione elettorale centrale russa in queste ore, si terranno anche nei territori ucraini annessi).
L'ordine è partito nei giorni scorsi dal Cremlino. Destinatario: l'esercito russo, a cui è stato chiesto di mantenere viva l'intensità dello sforzo bellico lungo tutto il fronte ucraino e, in sostanza, di dettare i ritmi dei combattimenti. A confermarlo, in uno dei suoi briefing quotidiani, è l'Istituto per lo studio della guerra (ISW). Il think tank statunitense parla di un esercito russo «sotto pressione» affinché intensifichi gli sforzi per mantenere «l'iniziativa nei primi mesi del 2024, in vista delle elezioni presidenziali» di marzo. Quindi mantenendo i territori posti sotto al proprio controllo e, eventualmente, rosicchiando altri lembi di terra a Kiev. Un richiesta che, oltre ai risvolti puramente elettorali - anche se lo zar difficilmente ne avrà bisogno -, potrebbe puntare a far leva anche sullo spirito patriottico dei soldati russi, il cui morale non attraversa di certo i suoi momenti più alti.
A Kiev c'era consapevolezza di questa nuova fase già da qualche giorno. Lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha di recente "licenziato" le priorità difensive delle sue forze militari: serrare i ranghi, reggere l'urto e non cedere un passo. Anche per le alte sfere a Kiev il momento è infatti complicato e il Cremlino lavora per allargare crepe e dubbi che si sono aperti nello schieramento degli alleati ucraini. Un calderone in cui trovano spazio le crescenti differenze - e polemiche - in merito a un sostegno a lungo termine che, sia nell'Unione Europea che negli Stati Uniti, si sta facendo più fragile.