L'economia di Mosca regge e il tempo che scorre sembra favorire Putin. Lo "zar" della nuova Russia è messia di un nuovo "jihadismo ortodosso"
LUGANO - Il ministro della Difesa tedesco a dicembre ha dichiarato che non è escluso un conflitto diretto tra la Russia e l'Europa, entro la fine del decennio. L'economia russa si sta ridefinendo come economia di guerra, ed è appunto la guerra a ridisegnarne la nuova dimensione, sull'asse militare-industriale che attira a sè sempre più risorse.
Putin da oltre un mese sta martoriando l'Ucraina con attacchi di terra e lanciando quantità di missili come non aveva mai fatto. E il tutto in un contesto di piccole vittorie di parte, che lasciano davvero poco intravedere la possibilità di un armistizio o di una vittoria definitiva di una delle due parti.
«Né un conflitto congelato né la pace»
Sono questi e tanti altri gli elementi oggettivi che non fanno pensare a una prossima conclusione della guerra tra Mosca e Kiev, forse nemmeno entro l'anno. Con gli ucraini che in questa fase del conflitto stanno estendendo attacchi anche fuori confine. Senza contare poi anche le ultime parole, che seppur di parte, hanno però un peso politico perché pronunciate dal ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, secondo cui la Russia non vuole «né un conflitto congelato né la pace».
Putin, tra Kirill e Dugin
In tutto questo c'è lui, Vladimir Putin che sta intercettando su di sé non più solo il totalitario potere politico ma che, da tempo, a fianco del patriarca Kirill, assume una sua sempre più evidente connotazione messianica. Zar di una nuova Russia, lontana da quella comunista, atea ed equamente distante da tutte le religioni, ma che ora rivendica un ruolo di leadership (anche) spirituale - quello più volte rivendicato dall'ideologo Dugin - che innalza il patriarcato di Mosca a "nuova Roma", contro l'«occidente corrotto».
"Jiadismo ortodosso"
Immagine dal sapore spirituale e antico, che quest'anno è balzato ancor più all'occhio con la celebrazione "in solitaria" del Natale della Chiessa russa, lo scorso 7 gennaio. Dopo che Kiev ha deciso di scegliere il 25 dicembre come giorno ufficiale della festa.
Ne è convinto l’intellettuale e teologo Don Stefano Caprio - già cappellano presso l’Ambasciata Italiana a Mosca - che su Asia News riprende la dichiarazione dell'arcivescovo di Zelenograd, vicinissimo a Kirill, Savva (Tutunov). Per il quale il Natale appena trascorso rappresenta «la rinascita della Russsia Ortodossa e del popolo russo, sotto l’aquila bicipite, dove si rifonde la grande famiglia degli slavi». Ecco dunque il richiamo pericoloso all'etnia, in una sovrapposizione tra potere spirituale e temporale, da cui si è originato il messianismo politico che impera ora a Mosca e che non è esagerato definire come "jiadismo ortodosso".
Economia di guerra e industria militare
Quanto invece all'aspetto economico. In pochi avrebbero scommesso in un cambiamento di rotta così marcato, telecomandato dallo "zar". Che di fatto ha saputo digerire le sanzioni occidentali. Certamente pagandolo con un po' di inflazione (7.5% a novembre) conseguente al "pompaggio" delle sovvenzioni statali, in quella che appare essere sempre più un'economia di guerra.
Perchè? Per prima cosa per aver sottratto forza lavoro, soprattutto manodopera, al Paese. Che sconta la mobilitazione di almeno un milione di arruolati (1, 32 milioni secondo CorSera). Sono state poi forzatamente ridotte le esportazioni di gas e carbone verso l'Europa. Cosa che conduce a una stagnazione del mercato. Isolate le banche dal resto del mondo, perché escluse dal sistema swift che consentiva alle imprese di commerciare all'interno del sistema creditizio internazionale.
E poi c'è il "core business". Quello dell'industria militare, che attira investimenti e forza lavoro, arricchendo gli oligarchi del settore, a scapito però degli altri comparti e dei cittadini comuni.
I "Paesi amici"
Proprio questi ultimi e le piccole imprese non beneficiano certamente della perdita del potere d'acquisto del rublo. Un cane che si morde la coda insomma, visto che le imprese di beni di largo consumo faticano a rilanciarsi, con la necessità di pescare dall'import e contribuire così all'indebolimento monetario.
Proprio a questo proposito, per sostenere la moneta, la Banca centrale prevede di vendere valuta estera - da ieri e fino al 12 gennaio - per 10,1 milioni di dollari al giorno (dato Marketscreener). E come dimenticare il commercio, che ha trovato la sua via d'uscita verso i Paesi "amici", su tutti Cina, India, Turchia, Brasile e Sudafrica.
Considerando che poi Putin è comunque "seduto" su una montagna di materie prime, ecco in parte spiegata la resilienza dell'economia russa. Che è comunque in grado di produrre una tonnellata di acciaio - pane dell'industria - a prezzi bassi e che in Europa possiamo solo sognarci.
Il 24 febbraio 2022 è sempre più lontano
Infine c'è il fattore tempo. Il 24 febbraio 2022 è sempre più lontano e il tempo che passa non scalfisce Putin, con l'opinione pubblica europea che è sempre più infastidita dal protrarsi del conflitto. Ma non solo, la tensione in Medio oriente ha distolto l'interesse della gente comune, oltre a concentrare nuove energie americane verso Gaza.
Tanto che sia gli aiuti USA che quelli UE sono calati drasticamente. Se Biden deve fare i conti con il Senato, che ha bloccato circa 61 miliardi di dollari, l'UE sconta l'opposizione interna di Orban.
E se appare inverosimile che a sostegno della causa palestinese a Gaza l’Iran possa alzare la testa contro Israele e USA, il fronte russo-ucraino sembra invece avere infinite possibilità di escalation. Proprio nel cuore dell'Europa.