Nei 10 anni dall'annessione illegale della penisola Mosca ha cercato di sopprimere identità, informazione e confessioni locali
KIEV - 10 anni fa la Russia ha invaso e annesso illegalmente la penisola ucraina della Crimea. Da allora Mosca «ha cercato di cambiare la composizione etnica» di questo territorio «e di sopprimere le comunità ucraina e tatara». È quanto ha dichiarato Amnesty International nel presentare una nuova pubblicazione.
A illustrarne il contenuto è Patrick Thompson, ricercatore di Amnesty International per l'Ucraina. «La Russia ha sistematicamente cercato di sradicare le identità ucraina e tartara di Crimea, interrompendo, limitando o vietando l'uso delle lingue ucraina e tartara di Crimea nell'istruzione, nei media, nelle celebrazioni nazionali e in altre sfere della vita, e opprimendo le pratiche religiose e culturali che non sono conformi a quelle approvate da Mosca. La Russia ha anche trasferito con la forza la popolazione fuori dalla Crimea, trasferendo contemporaneamente nella regione popolazione civile russa».
La soppressione dell'identità - La soppressione delle identità non russe nella penisola è uno degli strumenti usati dal Cremlino per legittimare quanto è avvenuto nel 2014. Subito dopo l'annessione la Russia ha imposto il proprio curriculum scolastico in Crimea, con conseguente indottrinamento e minacce di rappresaglie verso insegnanti, studenti e genitori che obiettano. Allo stesso tempo, le autorità russe hanno sistematicamente smantellato l'istruzione in lingua ucraina. Questo si è aggiunto all'imposizione illegale di leggi e pratiche russe, compresa la soppressione del diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica, nonché degli eventi culturali e delle pratiche religiose.
«Per anni abbiamo suonato il campanello d'allarme sulla soppressione dei diritti umani da parte della Russia in Crimea» prosegue Thompson. «A distanza di un decennio, possiamo vedere l’impatto avuto sulla penisola dove la Russia cerca di sopprimere le identità non russe, comprese le culture ucraina e tatara di Crimea. È preoccupante che questo sia il progetto della Russia per gli altri territori ucraini che ha occupato».
Limiti alla libertà religiosa - La Russia ha fortemente limitato il diritto alla libertà di religione e di credo in Crimea, compresa l'introduzione di una legislazione secondo la quale pregare, predicare o diffondere materiale religioso al di fuori di luoghi specificamente designati o senza un permesso ufficiale è un reato. A partire dal 2023, sono state intentate decine di cause amministrative contro persone per attività missionaria "illegale", e secondo le informazioni dell'osservatorio sulla libertà di religione Forum 18 oltre 50 persone hanno pagato multe salate per queste "violazioni".
La popolazione musulmana della Crimea, la cui maggioranza è costituita da Tatari di Crimea, ha affrontato «gravi rappresaglie». In più occasioni le forze dell'ordine russe hanno interrotto le preghiere del venerdì nelle moschee della Crimea, effettuando controlli dei passaporti di tutti i presenti. Prendendo di mira soprattutto i Tatari di Crimea, le autorità russe hanno anche effettuato perquisizioni domiciliari alla ricerca di letteratura religiosa. Più di 100 musulmani di Crimea sono stati perseguiti con accuse infondate di terrorismo e sono stati condannati a pene detentive fino a 24 anni, che stanno scontando in Russia.
Anche i Testimoni di Geova (considerati "estremisti" dopo una sentenza del 2017 della Corte Suprema russa) non hanno potuto praticare il loro credo. Le 22 congregazioni in Crimea sono state de-registrate, con un impatto su circa 8.000 fedeli. Almeno 12 Testimoni di Geova di Crimea sono stati condannati a sei anni o più di carcere solo per aver esercitato pacificamente il proprio diritto alla libertà di religione o di credo.
C'è chi ha provato a ribellarsi, ed è il caso della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kyiv (dopo il 2018, la Chiesa ortodossa dell'Ucraina) ha rifiutato di registrarsi nuovamente come organizzazione religiosa secondo la legge russa. Diversi membri del suo clero hanno rifiutato di prendere il passaporto russo e sono stati costretti a lasciare la Crimea. Durante il primo anno di occupazione la Chiesa aveva perso 38 delle sue 46 parrocchie. «Ora non ne rimane nessuna. Nel maggio 2023, le autorità de facto l'hanno sfrattata illegalmente dalla sua cattedrale nella capitale regionale, Simferopol», spiega Amnesty International.
Restrizioni dei media - La cancellazione delle identità locali ha preso di mira anche i media e i giornalisti indipendenti. Diversi giornalisti sono stati rapiti dai paramilitari filorussi già nei primi giorni di occupazione, nell’ambito di una campagna di violenze che ha preso di mira gli attivisti filo-ucraini. Già nel marzo 2014, i canali televisivi e radiofonici in lingua ucraina sono stati tolti dalla circolazione e sostituiti da media russi. Dopo l'annessione, la Russia ha imposto a tutti i media in Crimea di ri-registrarsi entro 10 mesi secondo la legislazione russa, mettendo in guardia da «atti provocatori».
Il popolare canale televisivo in lingua tatara ATR ha visto respinta la richiesta di registrazione, e lo stesso è accaduto ad altre emittenti. Il 26 gennaio 2015, decine di uomini mascherati hanno preso d'assalto gli uffici di ATR e hanno rimosso i loro server informatici. I redattori hanno raccontato ad Amnesty International di aver ricevuto telefonicamente avvertimenti non ufficiali da parte di persone influenti, a causa della copertura di alcuni eventi che interessavano la comunità tartara di Crimea. Alla fine, ATR è stata costretta a trasferirsi in Ucraina continentale e ha perso la possibilità di trasmettere in Crimea.
L'accesso ai media online che sono stati esiliati dalla Crimea è stato arbitrariamente bloccato in Crimea, senza alcuna autorizzazione giudiziaria.
«Stop alle violazioni del diritto internazionale» - La posizione di Amnesty International è chiara: «La Russia deve interrompere immediatamente tutte le violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale dei diritti umani in Crimea e negli altri territori ucraini che occupa. Tutti i responsabili di tutti i crimini di diritto internazionale devono essere portati davanti alla giustizia nell’ambito di un processo equo, mentre le vittime di questi crimini devono poter realizzare pienamente i loro diritti alla verità, alla giustizia e ai risarcimenti».