I trattori assediano Bruxelles
BRUXELLES - Tra le nubi di fumo acre dei roghi appiccati con legna, pneumatici e fieno, a metà della lunga rue de la Loi, spunta un cartello nero e arancione legato al cofano di un trattore. La scritta 'Europe' è capovolta. A pochi metri di distanza, il muro sul quale campeggia la celebre opera di street art 'The future is Europe' è ricoperto di letame.
Il terzo atto dell'assedio dei gilet verdi al cuore di Bruxelles si ripete seguendo il copione di febbraio, mentre nelle stanze del Consiglio Ue i ministri dell'Agricoltura danno seguito alle prime proposte legislative.
I trattori assembrati sono 250, le violenze più circoscritte, ma la pressione resta la stessa. E a placare il malcontento non basta nemmeno il via libera dei governi nazionali alla revisione dei principi cardine della Politica agricola comune (Pac). Servono «redditi migliori, prezzi più equi e una concorrenza internazionale leale», è l'adagio univoco di agricoltori e allevatori di tutti i Ventisette. Solo così, ammonisce l'associazione vallona Fja in vista delle Europee, l'Ue e Ursula von der Leyen potranno «dimostrare di meritare la fiducia riposta in loro in passato».
Nel presente invece le prime concessioni al settore messe sul tavolo a tempo di record dall'esecutivo Ue sono state licenziate dai rappresentanti dei governi riuniti nel Comitato speciale agricoltura. Esenzioni, deroghe e incentivi sugli obblighi di maggese, rotazione delle colture e copertura dei suoli previsti dalla Pac - necessari a ricevere i fondi Ue - sono i pilastri di una riforma che la prossima Commissione europea sarà chiamata a proseguire. E - anche se per il via libera definitivo servirà il voto dell'Europarlamento a fine aprile - a beneficiare di meno burocrazia e controlli saranno in particolare le piccole aziende agricole di meno di 10 ettari, esentate anche dalle sanzioni Ue.
Il via libera al pacchetto, nella visione del vicepremier belga alla guida della presidenza Ue, dimostra che l'Europa «ha ascoltato» i suoi agricoltori e ha intrapreso «azioni rapide per rispondere alle loro preoccupazioni» trovando «il giusto equilibrio» tra la flessibilità e le ambizioni del Green Deal.
Gli agricoltori furiosi con petardi e letame fuori dai palazzi dell'Eurocamera, della Commissione e del Consiglio europeo però chiedono di più. La rivendicazione principale è rivolta a un reddito equo con un controllo dei prezzi di produzione e vendita a livello europeo per ridurre le speculazioni delle grandi catene di supermercati e, nella sintesi della Fja, «non dovere più vendere i prodotti andando in perdita». Un'istanza che la Commissione europea ora valuta con attenzione, studiando - assicura il responsabile dell'Agricoltura, Janusz Wojciechowski - l'introduzione di «un divieto di pagare gli agricoltori meno dei costi di produzione», introducendo «un giusto margine» sui prezzi di vendita dei prodotti.
I gilet verdi chiedono però anche di chiudere le porte del mercato continentale ai prodotti oltreoceano - stoppando gli accordi di libero scambio come il Mercosur e il Ceta - e a quelli ucraini che, arrivando a dazio zero, danneggiano i produttori locali. Un tema spinoso, quest'ultimo, perché rischia di contraddire il sostegno incrollabile ribadito a più riprese a Kiev.
Da settimane i governi negoziano per raggiungere l'intesa sulla proroga al 2025 delle esenzioni dai dazi per le importazioni agricole da Kiev decise dopo l'invasione russa. Nelle prossime ore un nuovo round tra gli ambasciatori sarà decisivo. Parigi però, insieme a Varsavia, Budapest e Bratislava, frena.