La Corte dei Conti dell'Ue mette in luce sottovalutazioni del rischio e ritardi, specialmente da parte dell'ECDC
LUSSEMBURGO - Durante la pandemia di Covid-19 il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha inizialmente sottovalutato la gravità della situazione e considerato bassa la probabilità di un ingresso del virus nell'Ue. Lo afferma una relazione della Corte dei Conti dell'Unione europea sull'azione delle agenzie sanitarie dell'UE, all'epoca ECDC e l'Agenzia europea per i medicinali (EMA).
Solo il 12 marzo 2020, prosegue il rapporto, l'ECDC ha riconosciuto la necessità di «misure mirate immediate», tre giorni dopo cioè l'annuncio del primo lockdown in Italia.
Ritardi e sottovalutazioni - Sul numero di infezioni e i decessi, notano ancora i revisori a Lussemburgo, si sarebbe potuto fare maggiore ricorso a tecniche più affidabili. L'ECDC, poi, ha emanato in alcuni casi troppo tardi valutazioni dei rischi, orientamenti e informazioni pubbliche (su mascherine e tracciamento, ad esempio).
L'EMA, notano invece dalla Corte, si è rapidamente adattata alla situazione. Nelle fasi iniziali della pandemia ha contattato potenziali sviluppatori di vaccini e terapie e ha adottato varie altre misure per accelerare il processo di autorizzazione. E ha contribuito a contrastare le carenze di medicinali durante la pandemia. L'unico problema è stato che l'agenzia non era riuscita a promuovere le sperimentazioni cliniche nell'UE.
Lezione imparata - Forte degli insegnamenti tratti nelle prime fasi della pandemia, la Commissione europea ha adottato una serie di decisioni e piani, rafforzando e chiarendo ad esempio i mandati di ECDC ed EMA.
HERA, l'Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, istituita nel 2021 per supervisionare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di medicinali, secondo la Corte ha invece responsabilità e poteri in parte analoghi a quelli dell'ECDC e per questo la Corte invita a una stretta cooperazione per evitare un'inutile duplicazione del lavoro.