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IL PUNTOChi prenderà il posto del "macellaio" di Gaza?

24.10.24 - 11:30
Israele prosegue la sua guerra nella Striscia mentre Hamas ha un vuoto di potere da colmare. Ne parliamo con l'analista Michael Milshtein
AFP
Chi prenderà il posto del "macellaio" di Gaza?
Israele prosegue la sua guerra nella Striscia mentre Hamas ha un vuoto di potere da colmare. Ne parliamo con l'analista Michael Milshtein

GAZA - «È il momento di porre fine alla guerra a Gaza». Lo ha ribadito, ieri, nel suo ennesimo viaggio in Medio Oriente il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken, che da un anno ormai vive in "volo", nel perenne tentativo di trovare un accordo tra le parti. E la fine della guerra nella Striscia sembrava, almeno osservando la situazione da fuori, più vicina dopo la morte di Yahya Sinwar, leader di Hamas nell'enclave palestinese e regista del pogrom del 7 ottobre 2023, ucciso il 16 ottobre scorso. Così non sarà. Ma perché? E, a questo punto, chi colmerà quel vuoto di potere dentro Hamas? Lo abbiamo chiesto a Michael Milshtein, analista esperto della questione palestinese e direttore del Forum per gli studi palestinesi al Moshe Dayan Center di Tel Aviv.

Sia Haniyeh che Sinwar sono morti. Da fuori, sembrava il momento giusto per negoziare e concludere la guerra. Sappiamo che non sarà così. Ma, a questo punto, il fatto di continuare questa guerra è qualcosa che Netanyahu vuole o qualcosa che deve fare?
«Molti israeliani speravano che la morte di Sinwar potesse essere la via per poter superare l'ostacolo e annunciare la fine della guerra. Ma questo non sembra essere nei piani di Netanyahu che invece preferisce proseguire; anche senza un piano chiaro piuttosto che ribadire di voler ottenere una vittoria totale. Credo abbia realmente una dottrina, o quantomeno un'opinione, diversa rispetto agli altri vertici della sicurezza del Paese, incluso Yoav Gallant (il ministro della Difesa israeliano, ndr.). Ma si tratta anche di questioni politiche. Se volesse annunciare la fine della guerra, un accordo e, soprattutto, il ritiro da Gaza poi non avrebbe più né un governo né una coalizione, perché ministri come Smotrich e Ben Gvir se ne andrebbero subito».

Molti leader di Hamas sono stati eliminati nel corso dell'ultimo anno. I nomi grossi rimasti sono pochi. Alcuni di loro sono in Qatar - penso a Masha`al e Zahar -, mentre altri - come Muhammed Deif, la cui morte non è mai stata confermata da Hamas - sono fantasmi. Perdite pesanti e una leadership "distante". È un'emorragia fatale o no per Hamas?
«Hamas, come ogni movimento religioso radicale, ha il dna di una lucertola. E anche se l'organizzazione ha subito danni senza precedenti è in grado di riprendersi e mantenere la sua posizione dominante a Gaza. Certamente Hamas non ha il potere che aveva un anno fa, ma mantiene importanti capacità militari. E hanno anche dimostrato una grande capacità di adattamento. Quando le loro unità militari sono state sconfitte hanno virato sulla guerriglia, colpendo in contesti più ristretti. E il controllo civile è mantenuto grazie a "proxy" come la polizia, le autorità municipali e alcune organizzazioni di beneficenza. È per questo che, nonostante sia passato un anno dall'inizio della guerra, nella Striscia non c'è un'alternativa né una vera protesta interna contro Hamas».

Chi sarà il prossimo leader di Hamas nella Striscia di Gaza?
«La morte di Sinwar ha creato un grande vuoto di potere. Credo che in questo momento non ci sia alcun leader in grado di vestire i panni che erano di Sinwar. Suo fratello, Mohammad, potrebbe rimpiazzarlo a livello militare considerato il suo ruolo di spicco di comandante, ma non ha alcuna esperienza a livello politico. In quanto a politica e strategia, sarà la leadership esterna a dover colmare il vuoto. Personaggi come Masha`al e Khalil a-Haya, che stanno in Qatar».

Si parla sempre di Hamas come di un'entità granitica. Compatta. La realtà però è diversa, tra i leader dell'organizzazione ci sono sempre state tensioni interne. L'eliminazione di Sinwar che effetto avrà in questo senso? Allontanerà ancora di più l'Hamas di Gaza con quello di Doha?
«Sin dalla fondazione di Hamas ci sono stati dissapori e crepe all'interno dell'organizzazione, queste però non hanno mai portato a una rottura. Ed è questa una delle origini del potere, e della capacità di sopravvivenza, del movimento. E credo che anche questa volta ci saranno divergenze e tensioni, ma non si arriverà a una frattura netta. Sicuramente la leadership esterna sarà ora più forte, ma il coordinamento tra le parti resterà tale».

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