L'aereo che ha riportato in Italia la giornalista - dopo 21 giorni di detenzione in Iran - è atterrato alle 16.15 all'aeroporto di Ciampino
ROMA - Dopo quasi tre settimane, Cecilia Sala ha fatto ritorno in Italia. Il volo che ha riportato la giornalista italiana a casa dall’Iran - dove era rimasta in detenzione per 21 giorni, per presunte e non ancora chiarite violazioni della legge della Repubblica islamica - è atterrato alle 16.15, quindi pochi minuti fa, all’aeroporto di Roma Ciampino.
La giornalista di Chora Media e del Foglio è stata rilasciata dalle autorità iraniane che l'hanno trattenuta dal 19 dicembre nel carcere dei dissidenti di Ervin con l'accusa di aver violato le leggi islamiche. Il direttore dell'Aise Giovanni Caravelli è andato a Teheran per riportarla in Italia.
È stata la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni a dare la notizia del rilascio alla famiglia di Sala. «Sono orgoglioso di Cecilia», ha detto in lacrime all'ANSA il papà, che ha ringraziato il governo per il «lavoro eccezionale» che ha portato alla liberazione. «Abbiamo sempre protetto i diritti dei reporter stranieri», la dichiarazione del ministero della Cultura di Teheran.
Sorridente, con gli occhiali appesi al colletto di una maglia scura, mentre saluta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: è la prima immagine di Cecilia Sala dopo il suo rientro dall'Iran, pubblicata dai profili social de Il Post, dove lavora il compagno della giornalista, Daniele Raineri, poco dopo l'atterraggio dell'aereo a Ciampino. Sullo sfondo il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
È stata una gioia abbracciare Cecilia: il mio grazie va al governo, alla diplomazia e a tutti quanti si sono adoperati con successo per la sua liberazione. Le ho detto che la aspettiamo in Campidoglio", ha affermato Gualtieri dopo aver accolto all'aeroporto di Ciampino Cecilia Sala di ritorno dall'Iran.
Il caso - Cecilia Sala era stata fermata a Teheran lo scorso 19 dicembre, un giorno prima del suo rientro previsto in Italia. La notizia della sua detenzione presso il carcere di Evin, una struttura in cui sono alloggiati prevalentemente i dissidenti politici, aveva trovato infine la luce del dominio pubblico solo il 27 dicembre.
In quei giorni le informazioni sono contrastanti. Cecilia Sala riesce a parlare con i genitori e a ricevere una visita dell’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amedei. Quest’ultima rassicura che la giornalista italiana «è in buona salute ed è in una cella da sola». E che a breve avrebbe ricevuto, mediante il ministero degli Esteri iraniano, «alcuni beni di prima necessità».
Così però non è stato. Il pacco in carcere non arriva. E in una telefonata successiva con i genitori, Sala si sfoga. «Dormo per terra, al freddo e mi hanno tolto anche gli occhiali da vista». E implora: «Fate presto». Nel contempo, parallelamente si fa sempre più consistente l’ipotesi che il fermo della giornalista sia legato a doppio filo all’arresto di Mohammad Abedini-Najafabad, bloccato il 16 dicembre dalle autorità italiane - su richiesta degli Stati Uniti - all'aeroporto di Malpensa. Insomma, una rappresaglia.
Un rompicapo politico a tre teste. O apparentemente tale. Lunedì, infatti, Teheran ha escluso qualsiasi correlazione tra l’arresto di Sala e quello di Abedini: «Un’inchiesta è in corso. Spero che il suo problema venga risolto rapidamente», le parole del portavoce del governo iraniano, Fatemeh Mohajerani. Da quel momento nessuna altra dichiarazione. Solo il lavoro, rigorosamente sottotraccia, della diplomazia italiana, fino all’annuncio di questa mattina di Palazzo Chigi: «È decollato pochi minuti fa, da Teheran, l'aereo che riporta a casa la giornalista Cecilia Sala».