Dal Garante nazionale delle persone private della libertà arriva un allarme per i recenti «fatti gravi» segnalati
PIACENZA - Nuove denunce di abusi subiti dagli arrestati che hanno raccontato di essere stati picchiati, anzi «gonfiati di botte» dai carabinieri della stazione Levante di Piacenza. Si aggiungeranno al fascicolo dell'inchiesta senza precedenti che il 22 luglio ha portato, oltre al sequestro della caserma, all'arresto di sei militari, e ad altre misure cautelari per alcuni loro colleghi, per reati come tortura, spaccio ed estorsione.
Intanto, dal Garante nazionale delle persone private della libertà arriva un allarme per i recenti «fatti gravi» che hanno coinvolto operatori di diverse Forze di polizia, e l'invito a non essere indulgenti di fronte alle violenze.
Piacenza - A Piacenza è l'avvocato Antonino Rossi, difensore di un albanese di 37 anni a raccontare al quotidiano Libertà di aver presentato denuncia per abuso di autorità, minacce aggravate, violenza privata e falso. «Il mio assistito è stato picchiato, gli anziani genitori minacciati e tutte le circostanze evidenziate nel verbale di arresto sono inventate», ha detto, riferendosi a quanto avvenuto il 3 aprile, quando lo straniero è stato bloccato e portato in caserma per detenzione di stupefacenti: «In via Caccialupo - racconta il 37enne al giornale - mi hanno trattato di m..., non mi hanno voluto dare nemmeno un po' di acqua e zucchero. 'Devi soffrire', ha detto uno di loro. Voglio però dire che, dopo, nella caserma in via Beverora (sede del comando provinciale) ho incontrato persone molto diverse».
Lo stesso legale sta valutando di chiedere la revisione del processo per un italiano, che racconta una storia del 2011, quando venne arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, nel corso del suo addio al celibato. «M. (l'appuntato finito ora in carcere) mi tirò giù dalla macchina di forza, mi ammanettò e mi prese a spintoni e calci. Poi in caserma mi gonfiarono di botte per un quarto d'ora» questo il racconto. Al processo per direttissima «i carabinieri arrivarono in tribunale fasciati, sembrava che fossi stato io a picchiarli».
E un altro episodio da brividi è quello riferito al Manifesto da Israel Anyanku, nigeriano che in fotografia è diventato uno dei simboli dell'operazione Odysseus: a terra, ammanettato, scalzo, con una chiazza di sangue sul selciato. Ora ricostruisce l'arresto effettuato dai carabinieri il 27 marzo, quando venne fermato sotto casa, senza mascherina: «Mi hanno buttato per terra e mi hanno colpito sul naso, e ancora e ancora mi hanno colpito, molte volte. Mi continuava a uscire il sangue e loro seguitavano a chiedermi cosa avessi in tasca e io continuavo a rispondere: niente! E mi colpivano in faccia, con le manette».
«Viva preoccupazione» - Nel commentare «drammatiche vicende» come queste è intervenuto il Garante dei detenuti. Ha espresso «viva preoccupazione» a cominciare dalle «ripetute segnalazioni di episodi di violenza nell'Istituto penitenziario di Torino», già denunciate a suo tempo alla procura dallo stesso Mauro Palma. E ha parlato di «analoga devianza culturale» emersa dalle indagini sul gruppo di carabinieri di Piacenza.
«Non è tollerabile - ha detto - il linguaggio che si è visto emergere da carte che riportano intercettazioni di colloqui di appartenenti a forze dell'ordine; non è ammissibile che le persone, una volta riportate sotto il controllo di chi esercita l'autorità in nome della collettività, possano subire forme di violenza; né è accettabile qualsiasi indulgenza o asserita inconsapevolezza perché finirebbe implicitamente per proiettare quell'innegabile messaggio d'impunità che è il vero germe distruttivo delle forze dell'ordine in una democrazia».