Dopo il colpo di stato in Myanmar, decine di persone hanno attraversato il confine con l'India
AIZAWL - Lo stato indiano di Mizoram, incastonato tra il Bangladesh (a ovest) e il Myanmar (a est), è diventato una sorta di rifugio per i cittadini birmani che sono riusciti a lasciare il paese dopo il colpo di stato militare che, dal primo febbraio scorso, ha tramutato la capitale Yangon in un campo di battaglia.
Numeri ufficiali non ce ne sono, ma - stando a quanto riportato da Al Jazeera, che cita fonti del gruppo paramilitare indiano Assam Rifles - si parla di oltre 260 tra civili ed ex militari, che hanno attraverso il confine nord-est del paese per entrare in India dopo l'inizio delle violenze. Ma fonti parlamentari stimano che i rifugiati possano essere già più di 400.
«Non ho seguito gli ordini»
Per queste persone, il grande timore è ora quello delle possibili rappresaglie nel caso di un loro ritorno in Myanmar. D'altronde, il governo di Nuova Delhi non ha fatto segreto della propria contrarietà ad accogliere i cittadini birmani in fuga. Tra di essi c'è anche Kunga, un 24enne, ex membro di rango inferiore dell'esercito birmano, che ha raccontato al network arabo di aver disertato dopo aver ricevuto l'ordine di sorvegliare gli aderenti al movimento di disobbedienza civile.
Il giovane, che appartiene alla minoranza Chin, ha varcato il confine il 7 marzo scorso, dopo un viaggio di quattro giorni. «Non ho voluto seguire quegli ordini», ha spiegato. «Mi hanno ordinato di individuare i luoghi in cui si trovano i membri del movimento. Ma quelle persone sono la mia gente». Arrivato in India, Kunga ha saputo che il padre era stato arrestato in Myanmar. «Me lo ha detto un parente. Non so in quali condizioni si trovi ora», ha raccontato il giovane, che per paura non può neanche pensare di contattare i propri familiari. Se dovesse farlo, «la persona che chiamo al telefono finirebbe per essere arrestata».
«Se torniamo ci aspetta la morte»
La speranza del 24enne è che l'India faccia un passo indietro e conceda, a lui e ad altre decine di persone, lo status di rifugiati. «Se questo accadesse, chiamerei qui anche la mia famiglia», ma se «il governo indiano dovesse fermarmi e decidere di rispedirmi indietro, ad attendermi in Myanmar ci sarà una condanna a morte».