Non per forza, anche secondo le autorità per la quale sono circoscritti (anche grazie ai vaccini). L'allerta però resta
MILANO - Dopo la decisione britannica di rallentare la riapertura per la preoccupazione relativa alla variante Delta, il radar dell'opinione pubblica si è decisamente sintonizzato su questa nuova mutazione del coronavirus riscontrata per la prima volta in India e che, in realtà, circola già da un po'.
Le cose che sappiamo sono diverse: che attualmente è ormai quella predominante (per numero di contagi) nel Regno Unito e verosimilmente soppianterà l'altra attualmente dominante - ovvero la Gamma - entro la fine dell'anno.
Sappiamo anche che è più contagiosa (gli studi dicono del 60%) e che sia anche più virulenta, per quanto riguarda i sintomi che sono più pesanti rispetto alla precedente. Abbiamo anche l'identikit, se così si può chiamare, dei soggetti che l'hanno maggiormente contratta: che sono i relativamente giovani, non vaccinati o solo parzialmente vaccinati.
Sappiamo anche che in Svizzera è già stata riscontrata in diversi cantoni e a partire da marzo. La sua presenza è stata monitorata dall'UFSP che però non l'ha mai ritenuta davvero preoccupante, con un'incidenza molto bassa, tanto che non ne è davvero chiarissima l'estensione sul territorio. Al momento è probabile che l'abbiano contratta assai meno di 100 persone (la stima più accurata è nell'ordine della settantina).
Anche nella vicina Lombardia è presente e i casi accertati sono 81, ne parlano oggi molto i giornali italiani come il Corriere della Sera e Repubblica. Il focolaio principale è un maxicentro fitness di Virgin nel quartiere di Lambrate, vicino alla Città Studi che, tra le altre cose, ospita il Politecnico meneghino.
Se il numero può anche un po' allarmare, è importante rendersi conto che si tratta del totale dei casi riscontrati da aprile a oggi. Relativizzando: 2 ad aprile, 70 a maggio (quelli legati al focolaio di cui sopra) e 9 finora a giugno. Quindi una parabola in netta decrescita. Anche, in questo caso, si tratta quindi di un qualcosa di estremamente circoscritto - anche grazie allo sforzo vaccinale - e monitorato costantemente, come confermato anche dalle autorità lombarde.
Per capire se la terza ondata autunnale che preoccupa il Regno Unito ci sarà veramente, anche quest'anno sarà necessario osservare l'evoluzione della diffusione del virus durante il periodo estivo. Fondamentali quindi, per avere un'idea un po' più chiara, saranno i prossimi due mesi.