Michael O'Leary, Ceo di Ryanair, ha parlato di fronte a una commissione parlamentare sul dirottamento del 23 maggio.
Al pilota fu detto che «se il velivolo fosse entrato nello spazio aereo lituano o avesse tentato l'atterraggio a Vilnius, una bomba che si trovava a bordo sarebbe stata fatta esplodere». Inutili i suoi tentativi di contattare la compagnia: da Minsk dissero «non risponde nessuno».
LONDRA - Già all'indomani dell'atterraggio forzato a Minsk imposto al volo Ryanair, su cui si trovava il giornalista bielorusso Roman Protasevich, l'amministratore delegato della compagnia aerea, Michael O'Leary, aveva parlato senza perdersi in tanti giri di parole di un «dirottamento sponsorizzato dallo Stato». E il pilota, ha aggiunto oggi, non avrebbe potuto fare nulla per opporsi.
Il volo Ryanair FR4978 era decollato lo scorso 23 maggio da Atene, diretto verso la capitale lituana, Vilnius. Il viaggio - ha spiegato O'Leary a una commissione di parlamentari del Regno Unito - ha subito un improvviso cambio di programma quando il velivolo si trovava a una decina di chilometri dal confine lituano.
«Non risponde nessuno»
All'uomo che si trovava ai comandi, l'ufficio del controllo del traffico aereo di Minsk ha detto di aver ricevuto «una minaccia credibile», sul fatto che «se il velivolo fosse entrato nello spazio aereo lituano o avesse tentato l'atterraggio presso l'aeroporto di Vilnius, una bomba che si trovava a bordo sarebbe stata fatta esplodere». Il pilota però ha tergiversato, chiedendo a più riprese di poter parlare con il controllo operazioni della propria compagnia. Senza fortuna.
Dalla torre si sarebbe infatti sentito dire che nessuno negli uffici di Ryanair in Polonia - dove, ha spiegato O'Leary, vengono solitamente deviati i voli in questa area in caso di necessità - aveva risposto al telefono. Da Minsk la minaccia era stata indicata come un allarme rosso e questo «non ha lasciato alternative» al pilota del volo FR4978, che alle 9.46 di quella domenica mattina ha modificato la rotta per fare scalo nella capitale bielorussa.
L'aereo, decollato alle 7.29 di quella mattina, è arrivato a Vilnius solo alle 18.26 di domenica pomeriggio. Con cinque passeggeri in meno: Protasevich, la compagna e tre presunti agenti dei servizi segreti. Il manager irlandese, riporta la BBC, ha aggiunto che l'intero equipaggio avrebbe subito pressioni affinché confermasse in video di aver volontariamente deviato la rotta fino a Minsk. Loro però si sono rifiutati di farlo.
Per Minsk non vi fu alcun dirottamento
Il governo bielorusso, che aveva immediatamente preso le distanze dalle accuse, mantiene la propria linea. Proprio ieri, il numero uno delle forze aeree di Minsk, Igor Golub, ha affermato che quel giorno non fu intercettato alcun volo. «Non vi fu alcun dirottamento e nessun atterraggio forzato per il volo Ryanair», citando i dati strumentali del traffico aereo. Inutile dire che la posizione di Minsk non ha per nulla convinto le autorità internazionali, che hanno più volte richiamato il presidente Alexander Lukashenko, chiedendo la liberazione di Protasevich.
Durante la plenaria dell'Europarlamento della scorsa settimana, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è tornato sulla questione, assicurando che l'Unione europea «non si darà pace fino a quando Roman Protasevich e tutti i prigionieri politici non saranno rilasciati» e rivolgendo dure parole all'indirizzo di Minsk. «Un dirottamento è pirateria. Quando ci sono 171 passeggeri a bordo, diventa un rapimento. E quando ad attuarlo è uno stato, si tratta di pirateria di stato e di sequestro», disse l'ex premier belga. «E per cosa? Per mettere le mani su di un giovane giornalista e la sua compagna, in quanto la loro libertà di parola risulta intollerabile per il signor Lukashenko».