Parole piene di rabbia dopo le motivazioni della sentenza a carico del boss Bidognetti e del suo avvocato
NAPOLI - «Avete visto, bastardi, che non era una messa in scena, un escamotage per avere successo, magari per comprare il fantomatico attico a New York». Ha usato parole piene di rabbia, Roberto Saviano, per commentare le motivazioni della sentenza a carico del boss dei Casalesi Francesco Bidognetti e dell'avvocato Michele Santonastaso. I due sono stati condannati per il reato di minacce aggravate dal metodo mafioso, che fu commesso in tribunale nel 2008 durante un processo d'appello.
Santonastaso disse: «È solo un invito rivolto al signor Saviano e ad altri come lui, a fare bene il proprio lavoro e a non essere con la penna di chi è mosso da fini ben diversi rispetto a quello di eliminare la criminalità organizzata». Secondo i giudici, le parole rivolte in aula all'indirizzo di Saviano e della giornalista Rosaria Capacchione rientra in una «espressione di una precisa strategia» finalizzata ad alimentare «potere di controllo sul territorio esercitato dai clan».
«L’ostentata indicazione dei due giornalisti, non funzionale al fine processuale» si legge nelle motivazioni «non può che essere interpretata come un attacco diretto con una forte valenza di minaccia, amplificata dalla lettura in aula che fu del tutto irrituale».
Saviano si è sfogato in un lungo articolo che è stato pubblicato dal Corriere della Sera. «Mi verrebbe da urlare—a tutti quelli che in questi anni hanno speculato sulla scorta alla quale sono costretto da quindici anni, a tutti quelli che mi hanno accusato e mi accusano di infangare la Campania e il meridione, perché ne ho raccontato e ne racconto la ferita».
Dal 2006 l'autore di "Gomorra" è sotto scorta e la sua vita è stata pesantemente segnata. «Io del mio guadagno e delle mie storie avrei comunque fatto vita. E invece di questa vita mutilata cosa me ne faccio? Cosa dannazione me ne faccio? Dovrei metterli in fila davanti a queste verità che ora sono chiare scritte e timbrate, quei bastardi? Ricordo ogni loro nome, ogni loro ghigno, ogni dolore che mi hanno causato. Cosa dovrei fare? Accusarli? Sputargli in faccia o magari provare a convertirli all’empatia? Chiedere le loro scuse? Avrebbe senso se fossero stati sinceri; ma mentivano sapendo di mentire. Nulla ora ha senso. Il dolore subito è stato enorme».