Il 18enne nel 2020 aveva sparato e ucciso due manifestanti per le questioni razziali, invocando la legittima difesa
KENOSHA - Un processo seguitissimo dai media Usa e un po' meno da quelli internazionali, quello riguardante Kyle Rittenhouse l'adolescente reo di aver sparato sui manifestanti di Black Lives Matter, uccidendone due e ferendone in modo serio un terzo.
I fatti erano avvenuti a Kenosha (Wisconsin) nell'estate del 2020 nel pieno del sollevamento, soprattutto afroamericano, per il caso di Jakob Blake, rimasto paralizzato dopo che un agente di polizia bianco gli aveva sparato 7 volte nella schiena.
Al momento di premere il grilletto del suo fucile d'assalto, «per legittima difesa», Rittenhouse aveva 17 anni. La giuria, ritiratasi per un consulto lungo 25 ore e ripartito su 4 giorni, ha ritenuto il ragazzo non colpevole dei 5 capi d'imputazione che avrebbero potuto valergli il carcere a vita.
Il giovane, originario dell'Illinois, faceva parte uno gruppo di miliziani bianchi armati attivatisi per pattugliare le strade e dissuadere i protestatari e prevenire lo scoppio di azioni violente e saccheggi.
Il suo caso aveva spaccato in due l'opinione pubblica, fra le raccolte fondi da parte degli ultraconservatori e la condanna aperta dei progressisti e degli attivisti per le questioni razziali. A dividere, anche l'atteggiamento non super partes del giudice, apertamente ostile alle vittime definite «riottosi» e «saccheggiatori» e palesemente simpatizzante nei confronti dell'imputato.
Una sentenza così netta mette la pubblica accusa alle strette e nell'impossibilità di chiedere un secondo processo alla corte d'appello.