L'organizzazione accusa Tel Aviv di apartheid, il governo ribatte parlando d'incitamento all'antisemitismo
GERUSALEMME - Da oppressi a oppressori? Amnesty international ha accusato il governo israeliano di apartheid nei confronti dei palestinesi. Lo stato ebraico ha ribattuto che le parole dell'Organizzazione per i diritti umani sono «assolutamente infondate e alimentano il fuoco dell'antisemitismo».
Il rapporto di Amnesty conta 182 pagine e «documenta come le importanti requisizioni di terre e proprietà, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le drastiche limitazioni di movimento e il diniego della nazionalità e cittadinanza a danno dei palestinesi siano tutti elementi parte di un sistema che costituisce apartheid secondo il diritto internazionale». Lo Statuto di Roma definisce i crimini di apartheid tutti quelli «commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziali, e al fine di perpetuare tale regime».
Lo stato di Israele è stato costituito nel 1948. «Ha condotto una politica per istituire e mantenere una maggioranza demografica ebrea, e di massimizzazione del controllo sulle terre e sulle risorse a vantaggio degli ebrei israeliani. Nel 1967 Israele ha esteso tali politiche alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza». Amnesty non contesta il desiderio di Israele di essere una patria per gli ebrei, tuttavia vuole dimostrare che per esserlo i governi dello stato ebraico stiano opprimendo i palestinesi, con anche progetti di "giudaizzazione". «Ha imposto misure di controllo e volte a decrescere la loro presenza per accedere alle terre in Israele e nei Territori palestinesi occupati».
Perché apartheid? - Nel 2018 è stata approvata una legge costituzionale che definisce Israele "Stato-nazionale del popolo ebreo". Dal 1948, 700mila palestinesi sono fuggiti dai territori in cui vivevano e oggi costituiscono comunque il 21% della popolazione residente, prima erano l'80. «L’uccisione illegale di manifestanti palestinesi è forse la più chiara illustrazione di come le autorità israeliane ricorrano ad atti vietati per mantenere lo status quo. A fine 2019, le forze israeliane avevano ucciso 214 civili, inclusi 46 minorenni».
Le discriminazioni verrebbero perpetuate anche in ambito lavorativo e immobiliare, per esempio, in quanto, anche se un palestinese raggiunge il più alto livello di studi, farà sempre più fatica di un israeliano a trovare un impiego. Inoltre, «non possono fare contratti di locazione sull’80% dei terreni di stato israeliani a seguito di requisizioni razziste di terreni e di una rete di leggi discriminatorie sull’assegnazione delle terre, di piani edilizi e di regolamenti urbanistici locali».
O ancora: «Una barriera di 700km, che Israele sta ancora ampliando, ha isolato le comunità palestinesi all’interno di "zone militari" e gli abitanti devono ottenere diversi permessi speciali ogni qualvolta lascino o rientrino nelle proprie case». Perciò apartheid.
«Accuse che alimentano l'antisemitismo» - Israele non ha tardato a rispondere a quanto documentato da Amnesty. Come riporta AbcNews, il Ministero degli esteri ha dichiarato che «il suo linguaggio estremista e la distorsione del contesto storico sono stati progettati per demonizzare Israele e gettare benzina sul fuoco dell'antisemitismo».