La «conquista» formalizzata in un annuncio organico alla strategia di propaganda del Cremlino. E si rivede anche Shoigu.
La situazione nella città, al netto del blocco imposto da Putin ai suoi militari sul "fronte" dell'acciaieria Azovstal, non appare essere mutata rispetto agli ultimi giorni. In altre parole: Mariupol è sì in mani russe. Come già lo era nei giorni scorsi.
MARIUPOL / MOSCA - Ieri l'ultimatum, caduto nel vuoto. Oggi l'annuncio "in pompa magna". «Mariupol è stata conquistata», ha detto di fronte alla popolazione, in diretta sulla televisione di Stato, il ministro della Difesa Sergei Shoigu al presidente Vladimir Putin.
Virgolettati alla mano, le parole di Mosca hanno fatto all'istante il giro del mondo, reclamando inevitabilmente per sé "copertine" e titoli. In sostanza però, nella città portuale la situazione non sembra aver subito grandi cambiamenti in questi ultimi giorni. E lo conferma anche un'analisi pubblicata dalla corrispondente della Bbc "di stanza" nella capitale russa che commenta l'annuncio parlando di una «macchina propagandistica in forma smagliante».
Una «conquista» funzionale
«Sostanzialmente non è cambiato nulla», anche se Putin ha nel frattempo posto in ghiaccio l'assedio alle acciaierie Azovstal, divenute la roccaforte delle forze ucraine - Kiev parla di circa 2'000 miliziani e un migliaio di civili asserragliati nella struttura -, chiedendo di bloccarne l'intero perimetro. Un colosso industriale che si articola su una superficie di 11 chilometri quadrati, "vascolarizzati" nel sottosuolo da numerosi passaggi e cunicoli. Un assalto rischioso, «non pratico». «Non c'è nessun bisogno di andarsi a infilare in quelle catacombe», ha detto Putin.
La situazione sul campo come visto è la medesima: gli ucraini nell'acciaieria, i russi tutti attorno. E tornando all'annuncio, osserva l'analista, questo si inserisce nella «strategia corrente del Cremlino», fondata sul «dire ai cittadini russi che tutto si sta svolgendo secondo i piani».
Un compito che le televisioni statali della Federazione Russa svolgono con grande zelo, fornendo aggiornamenti infiocchettati di «ottimismo» a cadenza giornaliera. E in questa precisa occasione non va derubricata a semplice formalità la presenza del generale Shoigu, che è stato a lungo "latitante" dalla macchina di propaganda dello Stato Maggiore russo. Scomparso? Caduto in disgrazia agli occhi dello zar? E invece no. O forse, più semplicemente, non più. Perché rinsaldare i ranghi attorno all'esercito ora conta più di qualunque dissapore. E quindi «eccolo, pronto a dare delle buone notizie al suo capo»: la conquista di Mariupol, "finalmente" nelle mani di Mosca. Ma non più di quanto non lo fosse già ieri.