La testimonianza di un residente nella città ucraina, al centro dell'offensiva russa.
Non aderirà alla richiesta del governatore di lasciare la propria casa, ma pensa di mandare al sicuro moglie e figli.
DONETSK - «La situazione è peggiorata. Si bombarda tutti i giorni». Dalla voce di Bruno Giudice, da 18 anni a Donetsk dopo aver lasciato la Svizzera, traspaiono la tristezza e la preoccupazione. E anche una certa rabbia. Lo raggiungiamo al termine della giornata di lavoro, quando in Ucraina sono le 17 e a Lugano sono appena scoccate le 16. La comunicazione tramite Telegram è decisamente problematica, ben peggiore rispetto al passato: la linea cade in continuazione. «Nell'ultima settimana ci sono grossi problemi con Internet» conferma Giudice.
La richiesta di evacuazione - La regione di Donetsk si trova al centro delle mire di Mosca, soprattutto ora che la caduta di Lysychansk ha consegnato l'intera regione di Lugansk nelle mani delle truppe occupanti. Nelle scorse ore il governatore Pavlo Kirilenko ha chiesto con urgenza a 350mila residenti civili di lasciare le proprie case. Questo per salvare vite ma, nello stesso tempo, per consentire una migliore difesa delle città da parte delle forze armate ucraine. Giudice, però, non ha nessuna intenzione di andare via dalla sua abitazione. «Qui dove mi trovo io, più o meno la situazione è ancora gestibile. Riguarderà più chi si trova vicino alla linea del fronte».
La preoccupazione per la famiglia - L'epicentro dei combattimenti negli ultimi otto anni, la ferita aperta che taglia in due Donetsk, non è più l'unica zona ad alto rischio. Due mesi fa i bambini giocavano tranquillamente nei parchi della città, mentre ora «bombardano dappertutto, a casaccio. Si sentono le esplosioni dalla mattina alla sera». Le notizie di vittime arrivano da sempre più vicino: «Ieri hanno ammazzato una bambina di 10 anni che si trovava nel cortile. I morti non si contano più». Il centro cittadino non è più sicuro, le nuove armi in campo non garantisco più isole certe di tranquillità. «Missili e proiettili arrivano da tutte le parti». Non ha paura per se stesso, ma Giudice teme per l'incolumità di moglie e figli. «Sono rientrati sabato dal mare, dove sono stati un mese. Sono partiti quando la situazione cominciava a essere critica. Ora sto pensando di rimandarceli».
Il referendum? «Sarà un plebiscito» - L'autonominata Repubblica popolare di Donetsk ha annunciato il piano di un referendum per l'annessione della regione alla Russia entro il mese di agosto. Giudice pensa che, se si arrivasse al voto, sarà un autentico plebiscito. «Verrà accettato senz'altro, qui è una vita ormai che sono filo-russi. Non ci saranno dubbi» e si potrebbe arrivare a percentuali «anche oltre il 90%». Otto anni di conflitto costante nell'area non lasciano pensare a niente di diverso. Lui, come straniero, non sarà chiamato a votare. «Penso che ce la faranno senza il mio voto», scherza.
La rabbia per la narrazione occidentale - Un accenno alla Conferenza sulla ricostruzione che si è conclusa martedì a Lugano non serve a infondergli ottimismo nel futuro. La rabbia, alla quale si è accennato prima, è per come si racconta questa guerra in Occidente. «Si parla di "combattere fino all'ultimo ucraino", i morti sono migliaia... Ma sembra che non freghi niente a nessuno. Metterei qualche politico europeo qui, tutti i giorni, poi vorrei vedere».