Il Libano ricorda la tragedia avvenuta due anni fa al porto di Beirut. Le indagini sono in un vicolo cieco.
Per la ricorrenza sono state organizzate varie manifestazioni di protesta contro la classe politica, colpevole di aver condotto il Paese in una crisi senza fine.
BEIRUT - Il Libano ricorda il secondo triste anniversario della doppia gigantesca esplosione che il 4 agosto 2020 aveva devastato il porto di Beirut distruggendo interi quartieri della capitale. Per la ricorrenza sono state organizzate varie manifestazioni a sostegno dei parenti delle vittime. L'esplosione aveva causato più di 200 morti e oltre 6’500 feriti. Dopo due anni le indagini si trovano in un angolo cieco. I parenti delle vittime sono però determinati a continuare la loro lotta per far emergere la verità.
La causa dell’esplosione sono state le centinaia di tonnellate di nitrato di ammonio, un materiale altamente infiammabile, conservate senza le dovute precauzioni nel porto della capitale. Le ingerenze politiche stanno ostacolando le indagini. Per il momento nessun funzionario statale è stato ritenuto responsabile della tragedia. Inoltre la situazione al porto preoccupa le autorità della capitale. I giganteschi silos di grano, divenuti ormai i simboli di una nazione in ginocchio, sono gravemente danneggiati e rischiano di crollare.
L’incubo - «Spero che le immagini dei silos che crollano aiuteranno le persone a ritrovare la forza per cercare la verità e la giustizia» ha dichiarato Tatiana Hasrouty, figlia di una delle vittime dell’esplosione. «La classe politica sta facendo di tutto per impedire che le indagini portino ai veri colpevoli» ha continuato Tatiana.
L’esplosione del porto è solo la punta dell’iceberg di una crisi molto profonda. Il paese è impantanato in un disastro economico ormai da anni. L’inflazione, aggravata dalla guerra in Ucraina e le difficoltà delle importazioni di grano, hanno azzerato il potere d’acquisto della popolazione. La lira libanese ha perso completamente il suo valore, i prezzi dei prodotti di base sono saliti alle stelle e i salari sono sprofondati.
Durante la giornata di oggi si sono svolte tre marce di protesta separate verso il porto, dove il fumo continua a fuoriuscire dai silos dopo un incendio provocato dalla fermentazione degli stock di grano nella torrida calura estiva.
Esodo di massa - Le difficoltà che sta incontrando il Libano ha spinto molti cittadini a lasciare il paese. Chi dispone dei mezzi finanziari per partire, scappa. Un esodo che rievoca le partenze di massa durante la guerra civile che ha lacerato il Paese per 15 anni, tra il 1975 e il 1990. La classe dirigente libanese, accusata di cattiva gestione, corruzione e negligenza, continua ad aggrapparsi al potere mentre la popolazione soffre per la carenza di carburante, medicine e acqua potabile.
«L’élite politica ci uccide ogni giorno», dice Tatiana Hasrouty. «Chi non è morto nell'esplosione sta morendo ora di fame». La prima nave carica di grano ucraino è attesa per il 6 agosto, data prevista per l'attracco, ma non basta. La penuria di cereali si aggiunge alla mancanza di elettricità e di carburante.
La demolizione - L’aprile scorso, il governo libanese aveva deciso per l’abbattimento dei giganteschi silos al porto. L’operazione era stata sospesa dopo le proteste dei parenti delle vittime, intenzionati a conservare intatto il luogo della tragedia per la memoria futura. L'ingegnere civile francese Emmanuel Durand, incaricato della demolizione, ha avvertito che il rischio di un crollo improvviso è molto alto.
Anche l'inchiesta rischia il collasso. Il giudice Tarek Bitar naviga in acque molto pericolose. Il suo lavoro è continuamente ostacolato dalle forze politiche oltre che a una serie di azioni legali contro la sua persone e contro le indagini. Mercoledì, esperti indipendenti delle Nazioni Unite hanno chiesto l'avvio di un'indagine internazionale, sottolineando è «oggi più chiaro che mai che l'inchiesta nazionale non può portare giustizia».