Il danno logistico per Mosca, che lo usa per i rifornimenti, è indiscutibile. Ma a uscirne più ammaccato è l'orgoglio
KIEV / MOSCA - L'esplosione che ha colpito il ponte sullo stretto di Kerch ha provocato più danni a Mosca sul piano operativo o su quello simbolico? Il Ponte di Crimea è l'unico lembo che collega direttamente la penisola di Taman, in territorio russo, alla regione che Mosca ha annesso nel 2014. È la "via respiratoria" privilegiata che il Cremlino usa per rifornire di "ossigeno"- nella forma di armi, equipaggiamento e rinforzi -, le sue truppe, già in difficoltà nell'opporsi alla controffensiva di Kiev. Ancor di più, un artiglio con cui Putin ha voluto tirare a sé quella terra. A voler ribadire, in barba al non riconoscimento della comunità internazionale, che quella è cosa sua.
Non sorprende quindi che l'enfasi, all'interno della Federazione Russa, sia ricaduta maggiormente sullo sfregio al simbolo prima ancora che sul valore strategico che è andato perduto. O almeno è questa l'impressione ascoltando alcune dichiarazioni che nella serata di sabato hanno trovato spazio sulla televisione di stato russa, nella trasmissione Solovyov Live. Sorvolando per un attimo sulle ricostruzioni di quanto accaduto - che nelle scorse ore il Cremlino ha definito «un atto terroristico» -, sono soprattutto le parole che Andrey Kartapolov, ex militare russo e oggi membro della Duma, ha pronunciato a tracciare la portata delle ferite subite da Mosca.
Il bersaglio sull'orgoglio russo
Pur sottolineando il peso del fattore logistico, Kartapolov ha ricordato come il Ponte di Crimea sia soprattutto un simbolo dell'orgoglio russo. Quel valore che va difeso a ogni costo. Il parlamentare ha tracciato il parallelo con l'affondamento del Moskva, l'incrociatore inabissatosi lo scorso 14 aprile nelle acque del Mar Nero dopo essere stato colpito da missili antinave di classe Neptune - di cui, dopo quasi sei mesi, non conosciamo ancora il numero esatto di vittime.
In quell'occasione, le poste ucraine avevano rielaborato una precedente serie di francobolli, che mostravano un soldato ucraino con il dito medio rivolto verso la nave russa, aggiungendone alcuni che lo mostravano nella stessa posizione, ma senza più la nave. Uno sfregio nello sfregio, per Mosca. Ancora più rapida è stata l'ultima iniziativa dell'ufficio postale di Kiev, che poche ore dopo l'esplosione sul ponte ha annunciato una nuova serie filatelica "a tema". Quest'ultima battuta a sua volta sul tempo dall'opera che un gruppo di artisti ucraini ha realizzato ed esposto al centro della capitale: un francobollo gigante in cui viene immortalato l'attimo in cui esplode.
Gli ucraini «colpiscono i simboli». Simboli «incredibili». E continueranno a farlo, ha incalzato il presidente della commissione Difesa della Duma, che vede in Putin il più importante di questi. «Dobbiamo farci trovare pronti». E proprio oggi si riunisce il Consiglio di sicurezza russo, convocato dal presidente russo, per discutere di quella che sarà la risposta a quanto accaduto sullo stretto di Kerch. Inutile dire che si teme un'ulteriore escalation, che de facto pare già essersi innescata con i missili che sono tornati a colpire Kiev in queste ultime ore. Nucleare? Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, lo ha escluso.