Vittorio Boiocchi, 69 anni, è stato ucciso ieri sera in un agguato nel quartiere Figino. Una vita tra carcere e stadio
MILANO - Vittorio Boiocchi, 69 anni, storico capo ultras dell'Inter, è stato ucciso ieri sera per strada alla periferia di Milano: è stato colpito da diversi colpi di arma da fuoco che lo hanno centrato al collo e al petto intorno alle 19.45, in via Fratelli Zanzottera, nel quartiere Figino alla periferia della città. Trasportato in condizione disperate all'ospedale San Carlo è morto in Pronto Soccorso. Quello che appare un agguato è avvenuto poco prima dell'inizio della partita in casa dei nerazzurri contro la Sampdoria.
Dopo che la notizia è circolata la Curva Nord dell'Inter è restata in silenzio, senza esporre striscioni e intonare cori durante la partita contro gli avversari a San Siro, poi i Boys hanno abbandonano gli spalti - il secondo anello - durante l'intervallo.
Boiocchi faceva una vita praticamente fra carcere e stadio, la sua grande passione. Diverse le condanne definitive raccolte nel tempo: rapina, traffico di droga e sequestro di persona. Aveva trascorso oltre 26 anni in carcere, l'ultima volta era stato arrestato nel 2021 dalla Squadra mobile milanese che ora indaga sul suo omicidio. Era stato anche raggiunto da cinque anni di Divieto di accedere alle manifestazioni sportive (DASPO) a seguito degli scontri avvenuti dopo Inter-Napoli del 2018, l'occasione in cui morì l'ultras del Varese Dede Belardinelli. Lo scorso maggio la Cassazione italiana aveva bocciato il suo ricorso, motivo per cui doveva restare a due chilometri dallo stadio durante le partite.
La Squadra mobile, diretta da Marco Calì, lo aveva arrestato, come detto, nel 2021 dopo averlo sorpreso a bordo di un'auto con una pistola, un coltello, manette, taser e una pettorina della Guardia di Finanza italiana, tutto materiale che è poi risultato essere attrezzatura per commettere un'estorsione.
Nel mondo della curva Nord degli ultras dell'Inter la figura di Boiocchi è sempre stata rispettata. Nel 2019, dopo circa 26 anni di carcere, era tornato allo stadio, e gli ultras gli avevano dedicato un coro. Un omaggio che un suo vecchio amico, Franchino Caravita, aveva considerato un affronto, al punto che il confronto tra i due era finito a pugni e a prenderle era stato proprio Caravita.
Era sembrato l'inizio di una rottura e invece i due avevano rapidamente rassicurato il popolo dei tifosi nerazzurri postando una foto assieme dal letto d'ospedale di Boiocchi, nel frattempo colpito da un infarto.