I Carabinieri e la Procura di Palermo sull'arresto di Messina Denaro: «Il suo rimane un ruolo di garanzia negli affari di Cosa Nostra»
PALERMO - «Il giorno preciso in cui è stato individuato è oggi. Noi, dagli elementi acquisiti, avevamo indicazioni che una persona» che rispondeva al nome di Andrea Bonafede, «doveva sottoporsi a degli accertamenti. Ma l'accostamento della persona al latitante è un accostamento che, in ipotesi, è stato fatto nei giorni passati. Ma, concretamente, solo oggi abbiamo avuto il riscontro».
La cornice dell'arresto di Matteo Messina Denaro è stata tracciata così, durante la conferenza stampa dal Comando Legione di Palermo, dal generale dei Carabinieri Pasquale Angelosanto, che ha confermato l'importanza del dispositivo messo in campo. Un «dispositivo molto articolato» con «almeno due livelli di cinturazione, uno operativo e uno di sicurezza» mentre «la punta è stata incaricata di entrare nella struttura» sanitaria.
«Il volto era quello che ci aspettavamo»
«È stata un'attività molto complessa. Che si è basata solo sugli esiti delle indagini che sono state svolte dal ROS con altri reparti dell'Arma». Così il colonnello Lucio Arcidiacono. «L'intervento di oggi si è sviluppato su più fasi. Abbiamo avuto contezza del fatto che il latitante era arrivato nella struttura sanitaria». L'operazione è scattata «in una delle vie» che costeggiano la clinica palermitana. «Il latitante è stato individuato e bloccato assieme al suo complice. Non ha opposto alcuna resistenza e si è subito dichiarato» come Matteo Messina Denaro. «E posso aggiungere che, guardandolo, c'era ben poco da verificare. Perché il volto era quello che ci aspettavamo di trovare». Non c'è stato alcun tentativo di fuga.
Una «forte accelerazione nelle ultime settimane. Da qualche giorno avevamo individuato la possibilità di un soggetto che aveva prenotato una visita specialistica di oggi. Ma la certezza l'abbiamo avuta solo questa mattina», ha ribadito il procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia. E sul complice ha confermato che era di provenienza «trapanese», ma senza approfondire oltre. Perché gli accertamenti sono ancora in corso.
Il documento falso
L'aspetto sanitario è stato determinante. «Certamente, non abbiamo trovato un uomo distrutto, ma un uomo in apparente buona salute. Assolutamente ben curato e in linea con quello che è un uomo di 60 anni in buone condizioni economiche» e «indossava beni di lusso», ha spiegato Paolo Guido, l'aggiunto della Procura di Palermo. Mentre il procuratore De Lucia, ha sottolineato che «allo stato non abbiamo elementi che ci inducano a pensare al coinvolgimento di elementi della clinica». Cita quindi il documento d'identità falso utilizzati dal boss trapanese.
«Quel documento era nelle mani del latitante con la foto del latitante», viene spiegato. «E a un primo controllo non si rilevano falsificazioni grossolane. Sembra un documento autentico e su questo dovremo attendere gli accertamenti, tecnico-scientifici, per capire se si tratta di un documento falsificato o di un documento diverso».
Il ruolo di Messina Denaro oggi
«La leadership di Cosa Nostra non è mai stata patrimonio» di un'unica persona, ha sottolineato De Lucia. Quello di Messina Denaro «rimane un ruolo di garanzia nel trattare gli affari» criminali, anche all'esterno dell'organizzazione mafiosa e, quindi, con altre organizzazioni criminali.