È «inevitabile» se gli occidentali «mantengono la parola», ha dichiarato Zelensky
KIEV - Il 2023 sarà l'anno della vittoria dell'Ucraina, ma l'Occidente deve restare «unito» al fianco di Kiev. Volodymyr Zelensky segna così il primo anniversario dell'invasione russa, con un messaggio di fiducia al suo popolo ed un nuovo appello agli alleati perché non cedano alla stanchezza e continuino a inviare armi.
Ma sembra anche dettare - in una lunga conferenza stampa con i media di tutto il mondo - l'incipit del possibile nuovo capitolo sul piano diplomatico, lasciando la porta aperta ai negoziati con uno sguardo rivolto soprattutto a Pechino.
Il piano di pace cinese, bocciato dagli occidentali, contiene invece a suo avviso spunti meritevoli di essere approfonditi, a partire dalla difesa del principio di integrità territoriale, sottolinea Zelensky. Che a questo punto vuole incontrare direttamente Xi Jinping, l'unico davvero in grado - se lo volesse - di «premere» sulla Russia e fermare Vladimir Putin.
La giornata del leader ucraino è iniziata con un discorso alla nazione e una cerimonia dall'atmosfera solenne, con le truppe schierate nella piazza della Cattedrale di Santa Sofia, nel cuore di Kiev. Dopo un minuto di silenzio in onore delle vittime, Zelensky ha celebrato i «nuovi eroi», i «difensori di Kiev, dell'Azovstal» e tutti coloro che hanno protetto «intere città».
Protagonisti di una lotta che ha «ispirato e unito il mondo» e che «non si fermerà fino a quando gli assassini non saranno assicurati alla giustizia«», ha garantito, mentre alle sue spalle scorrevano le immagini di un «anno di dolore» che sembra passato in un attimo, marchiato a fuoco dalla morte, dalla distruzione, dai massacri di civili.
Il momento peggiore? «Bucha», ha risposto senza esitazioni il presidente quando gli è stata posta la domanda in conferenza stampa. Poi una pausa di qualche secondo come a consentire a se stesso - e a tutti nella sala gremita calata nel silenzio - di visualizzare quelle immagini, indelebili nella memoria: «Ho visto il diavolo che camminava sulla terra...».
La mattina del 24 febbraio 2022 l'aveva già rievocata in un messaggio diffuso ancora una volta su Telegram, dove per tutto l'anno ha intessuto la sua conversazione quotidiana con gli ucraini. Con loro ha condiviso il ricordo del «giorno più lungo della nostra vita. Il giorno più difficile della nostra storia moderna. Ci siamo svegliati presto e da allora non ci siamo più addormentati». Un giorno che gli ucraini sostengono può finire solo con la vittoria.
La fiducia nella vittoria finale è stata ribadita da Zelensky anche di fronte alla stampa internazionale: «Ci sono tutte le condizioni perché questo accada entro quest'anno», ha sottolineato. Ma c'è una condizione indispensabile affinché tale successo sia «inevitabile»: che i partner di Kiev rimangano «uniti come un pugno» e non cedano alla tentazione di mollare, smettendo di fornire aiuti militari per una guerra che nessun Paese al mondo saprebbe vincere da solo, «forse solo gli Stati Uniti...».
Su questo fronte la risposta dell'Occidente, ancora una volta, è stata soddisfacente per Kiev. I leader del G7, dopo una riunione virtuale a cui ha partecipato lo stesso Zelensky, hanno garantito che il loro sostegno continuerà fino alla fine, finché sarà necessario.
A Kiev oggi è arrivato il premier polacco Mateusz Morawiecki annunciando che Varsavia ha già consegnato i primi carri armati Leopard all'Ucraina, la Germania aumenterà la fornitura di panzer - da 14 a 18 - mentre la Svezia ha aggiunto 10 carri armati Leopard e altri sistemi di difesa anti-aerea.
Domanda dopo domanda, per oltre due ore Zelensky ha risposto senza sosta né un accenno di esitazione, dando prova di pragmatismo quando ha rilevato che prima o poi di negoziati si dovrà parlare. Il suo obiettivo è un summit di pace allargato a tutti i partner possibili, dalla Cina all'India, inclusi i Paesi africani e sudamericani, per spingere su una pace giusta.
Un piano c'è già, ha ricordato, l'Ucraina lo ha elaborato, presentato e illustrato a tutti. E a tutti Kiev vuole dare una possibilità, a cominciare da Pechino: «La Cina ha iniziato a parlare dell'Ucraina e questo non è un brutto segno. Ma bisogna capire, dopo le parole, quali passi seguiranno».