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ITALIATragedia sulle coste calabresi. Si aggrava il bilancio

26.02.23 - 16:45
Almeno 59 persone sono morte nel naufragio al largo della Calabria. Ottanta i superstiti, tra cui numerosi feriti
keystone-sda.ch (Antonino Durso)
Fonte Ats ans
Tragedia sulle coste calabresi. Si aggrava il bilancio
Almeno 59 persone sono morte nel naufragio al largo della Calabria. Ottanta i superstiti, tra cui numerosi feriti

CROTONE - È di 59 vittime accertate e 80 superstiti il bilancio momentaneo del naufragio di un barcone carico di persone in cerca di una vita migliore fatto dal Centro coordinamento soccorsi attivato nella Prefettura di Crotone. Degli 80 superstiti, 21 sono stati portati in ospedale e uno di loro è grave.

Intanto è stato fermato il presunto scafista, gravemente indiziato, del barcone naufragato a Steccato di Cutro. Si tratta di un cittadino di nazionalità turca. Al vaglio degli investigatori anche la posizione di un secondo presunto scafista.

Un'ipotesi degli inquirenti è che l'imbarcazione si sia spezzata a riva, quando le persone che erano a bordo stavano già scendendo. Un'altra possibilità è che il peschereccio con a bordo il gruppo si sia arenato su una secca che dista un centinaio di metri dalla battigia. Una volta ferma, la nave si sarebbe capovolta, a causa della forza del mare, andando in mille pezzi.

Non soccorrere è un crimine - La tragedia di Crotone è «frutto di precise scelte politiche» perché «non soccorrere è un crimine». Si leva alta la voce delle Ong: le critiche senza mezzi termini investono l'Italia ma anche l'Europa.

Il ricordo di Unicef va al piccolo Aylan, il bambino profugo morto nell'ottobre del 2015 su una spiaggia turca le cui immagini fecero il giro del mondo: «Non ci era bastata quella terribile immagine?».

Per Sergio Di Dato, capo progetto People on the Move, Medici Senza Frontiere, il naufragio «è un pugno sullo stomaco, non ci sono altre parole»: «Nel Mediterraneo si continua a morire in modo incessante in un desolante vuoto di capacità di soccorso»

«A poche decine di chilometri dalle coste italiane, quando la meta era davanti agli occhi, è annegato il futuro di decine di persone che cercavano una vita più sicura in Europa. È umanamente inaccettabile e incomprensibile perché siamo sempre qui ad assistere a tragedie evitabili». Msf ha dato la disponibilità alle autorità per attivare un primo soccorso psicologico per i sopravvissuti.

Pesante il j'accuse di Emergency: «Il dramma di Crotone é il frutto di precise scelte politiche che impediscono vie di accesso legali e sicure all'Europa. Con la Life Support continueremo a fare la nostra parte, a soccorrere chi è in difficoltà e a salvare vite, ma i fatti dimostrano che è necessario che l'Italia e l'Europa organizzino una missione di ricerca e soccorso, mettano mano a una riforma del sistema di accesso, asilo e accoglienza e aprano vie legali di ingresso per chi cerca una possibilità».

Non accetta frasi fatte come «mai più» Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia: «Le immagini di questi corpi e di queste donne ci rimandano a Aylan e a tutto quello che è successo negli ultimi dieci anni. Tutti quelli che oggi si stupiscono o si indignano le hanno già viste tragedie simili. Il nostro, il mio personale dolore oggi è un invito a non dividersi più. Non è più il tempo dell'indifferenza».

«La politica deve fare un salto di qualità e non salire su queste vicende, chi prima e chi dopo, per contrastarsi. Ci vuole buon senso e dialogo e speriamo che gli impegni che stiamo ascoltando in questi momenti e dettati dal dolore proseguano perché altrimenti domani mattina il rischio è che tutto questo torni nell'indifferenza».

«La domanda che mi pongo è: di nuovo abbiamo dovuto vedere i corpi dei bambini morti e delle mamme morte per poterci indignare? Non c'era bastato Aylan? Basta, mai più, adesso bisogna trovare soluzioni, lo si può fare, la politica lo può fare».

Filippo Ungaro, direttore della Comunicazione di Save the Children Italia, critica le politiche italiane ed europee: «Ancora una volta, l'ennesima, ci troviamo a piangere la morte ingiusta di chi cerca un futuro migliore in fuga da guerre e povertà. Mentre la politica, in Italia e in Europa, pensa di risolvere con muri e restrizioni per le Ong».

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