Se costruito, EstMed potrebbe inoltre essere responsabile di emissioni di gas serra equivalenti a 27 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno
ROMA - Il gasdotto EastMed rischia di scatenare nuovi conflitti e accelerare gravemente la crisi climatica. È quanto sostiene un rapporto pubblicato oggi da Greenpeace.
Il gasdotto, che non entrerebbe in funzione prima del 2028, collegherebbe i giacimenti di gas israeliani e ciprioti con la Grecia attraversando le acque contese tra Grecia, Turchia e Cipro. Collegandosi al tratto offshore dell'infrastruttura gemella Poseidon, il gas arriverebbe poi in Italia, a Otranto.
Se costruito, secondo Greenpeace il gasdotto EastMed potrebbe essere responsabile di emissioni di gas serra equivalenti a 27 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, tenendo conto del consumo energetico, del trasporto e delle perdite. L'opera consumerebbe l'11,5% del budget di carbonio dell'Ue per il periodo 2028-2050, che deve essere preservato per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali.
«L'ostinato sostegno della Ue alle fonti fossili, oltre ad alimentare il disastro climatico, minaccia anche la pace», dichiara Simona Abbate, specialista di energia clima presso Greenpeace Italia.
«Il gasdotto EastMed è una bomba a tempo in una regione fortemente militarizzata e contesa. Rischia di riaccendere un conflitto sopito solo per permettere alle compagnie del gas e del petrolio di macinare profitti per altri vent'anni, sottraendo investimenti alle energie rinnovabili e per il risparmio energetico. La doppia minaccia della crisi climatica e dei conflitti armati è un chiaro avvertimento che le infrastrutture fossili non sono la soluzione per la sicurezza energetica».