«La riforma va fatta», ha però ribadito il premier.
GERUSALEMME - Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha deciso di sospendere la riforma della giustizia che nelle ultime settimane ha scatenato proteste in tutta la nazione e ha detto che servirà «tempo» per «raggiungere un'intesa».
In un discorso alla nazione Netanyahu ha sottolineato che questa decisione è stata presa in «nome della responsabilità nazionale», ma ha ribadito che «la riforma va fatta».
«Ho fatto appello al dialogo e ricordo che non ci troviamo di fronte a nemici ma a fratelli. Non ci deve essere una guerra civile», ha aggiunto. Quindi ha attaccato «la minoranza di estremisti pronta a lacerare il Paese, che usa violenza, appicca incendi, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza».
«Israele - ha sottolineato Netanyahu - non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo che i capi dell'esercito si oppongano a questo e che non mostrino comprensione».
«Ieri ho letto la lettera di Benny Gantz nel quale si è impegnato al dialogo, e lo faccio anch'io. C'è la possibilità di prendere tempo. È l'occasione per un dialogo, vogliamo fare gli aggiustamenti necessari».
«Mi presenterò al dialogo con cuore aperto e anima sincera», ha affermato dal canto suo Benny Gantz, leader del partito centrista Mahane Mamlachti' accogliendo l'appello di Netanyahu.
«Dobbiamo opporci ad una guerra civile», ha aggiunto, «dire no alla violenza e sì ad accordi e dialogo. Sosterrò ogni iniziativa volta al dialogo, ma non faremo compromessi sui principi della democrazia».
Anche Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Aitd, ha detto di essere disposto ad intavolare un dialogo.
La riforma, in breve
La riforma della giustizia tanto voluta da Netanyahu consiste nell'aumentare il potere dell'Esecutivo a scapito di quello della Corte suprema. La mossa serve, a detta del governo, a ribilanciare i poteri tra legislativo e giudiziario. Tuttavia, secondo molti Paesi, tra cui i principali alleati di Israele - gli Stati Uniti - la riforma rappresenta un affronto alla democrazia.