Sull'imbarcazione ce n'erano invece 25. Uno dei soccorritori: «Grandinava forte, abbiamo visto una persona aggrappata a un pezzo di legno».
SESTO CALENDE - Mentre gli inquirenti stanno ascoltando i sopravvissuti del naufragio di domenica sera per ricostruire l'esatta dinamica che ha portato al ribaltamento della house-boat, emergono nuovi dettagli sulle caratteristiche tecniche dell'imbarcazione, di fabbricazione olandese.
Come riporta la RSI, quella barca avrebbe potuto ospitare fino a un massimo di 15 persone, mentre a bordo della Good-uria ce n'erano 25. È anche su questo aspetto che le indagini cercheranno di fare chiarezza, oltre a cercare di capire se vi sia stato un ritardo nelle manovre di rientro per una sottovalutazione della portata di quella tempesta che stava interessando tutto il lago.
L'altra ipotesi al vaglio degli inquirenti è appurare se il "downburst", il fenomeno meteorologico caratterizzato dalle temute e violente raffiche di vento discendenti abbia impedito il ritorno verso il porticciolo di Lisanza, la località di fronte al teatro della tragedia.
Il racconto dei soccorritori - «Li abbiamo visti in acqua, con la nostra barca ci siamo avvicinati, io e i miei amici, e li abbiamo soccorsi». Inizia così il racconto all'ANSA di Matteo Dellavedova, 32 enne di Parabiago (Milano), che domenica sera ha tratto in salvo i naufraghi della 'Goduria', la barca da turismo che si è capovolta a Lisanza (Varese), causando la morte di quattro persone.
«Grandinava forte, stavamo rientrando e quando ci siamo avvicinati a Marina di Lisanza abbiamo visto qualcosa in acqua», ha proseguito Matteo, «e ci siamo accorti che era una persona aggrappata a un pezzo di legno, e dopo pochi attimi abbiamo visto gli altri». Insieme ai suoi amici, Samuel Panetti di 33 anni e Alessandro crespi di 35, a bordo dell'imbarcazione di Panetti con le rispettive fidanzate, i ragazzi hanno lanciato in acqua salvagenti, parabordi, e qualunque cosa utile ad aiutare i naufraghi a raggiungere la loro barca.
«Abbiamo dato l'allarme, ma siccome erano troppi abbiamo chiamato un nostro conoscente, vicino di pontile, che avevamo appena superato perché aveva un problema a un motore, e abbiamo fatto salire a bordo i primi quattro», ha proseguito Matteo, «non sarebbero riusciti ad arrivare a riva da soli, erano vestiti, a peso morto, abbiamo dovuto issarli uno ad uno. Poi uno di loro mi ha detto di aver visto due persone morte in acqua». Infine il salvataggio in extremis di uno dei naufraghi, tirato in barca senza che respirasse: «lo ho strattonato, lo abbiamo girato su un fianco, la grandine gli arrivava in faccia, ha rimesso, poi ha respirato».
Le due barche si sono poi dirette una a Marina di Lisanza, l'altra al cantiere nautico di Piccaluga, da dove la barca era partita. È a Lisanza che Alessandro Crespi, a bordo della prima imbarcazione di giovani, è uscito dall'acqua per andare incontro ai soccorsi. È lui che, probabilmente, i residenti della zona hanno sentito gridare per cercare aiuto, scambiandolo per un naufrago.