Il premier kosovaro Albin Kurti è nel mirino delle cancellerie occidentali. Così come di Mosca e di Pechino
PRISTINA - Con la tensione interetnica che si mantiene alta nel nord del Kosovo - dove anche oggi sono proseguite le proteste dei serbi locali contro i nuovi sindaci albanesi in tre dei quattro maggiori Comuni a maggioranza serba, nella comunità internazionale - insieme ai rinnovati appelli alla calma e alla de-escalation, cresce l'insofferenza nei confronti della dirigenza di Pristina, le cui posizioni rigide accompagnate da decisioni perentorie e unilaterali sono considerate controproducenti e suscettibili di alimentare le tensioni. E nel mirino, non più solo di Belgrado, Mosca e Pechino ma ora anche delle principali cancellerie occidentali, c'è il premier kosovaro Albin Kurti.
A criticarlo sono addirittura gli Stati Uniti, da sempre principale alleato e primo protettore della sovranità di Pristina. «Il premier Kurti e il suo governo devono fare in modo che i nuovi sindaci (albanesi) espletino temporaneamente il loro servizio da sedi alternative fuori dagli edifici comunali, e che vengano ritirate le forze di polizia presenti nella zona», ha ammonito il segretario di Stato Usa Antony Blinken.
A rincarare la dose è stato oggi l'ambasciatore americano a Belgrado Christopher Hill, che citando lo stesso Blinken ha accusato Pristina di non aver dato ascolto ai consigli di Washington. Una situazione, ha osservato, che avrà conseguenze sui rapporti bilaterali. Sempre oggi gli Usa, a mo' di sanzione, hanno espulso il Kosovo da un'esercitazione militare Nato a guida americana in corso da aprile a giugno in Europa con la partecipazione di una ventina di Paesi alleati. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, parlando oggi al Forum Globsec2023 di Bratislava, ha denunciato la «responsabilità delle autorità kosovare» nell'aggravamento della crisi nel nord del Kosovo.
D'altra parte appoggio alla Serbia e al presidente Aleksandar Vucic è giunto sia da Mosca che da Pechino, tradizionali alleati di Belgrado. «La Russia sostiene incondizionatamente la Serbia», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, secondo il quale «tutti i legittimi interessi dei serbi del Kosovo devono essere rispettati». Da parte sua, una portavoce del ministero degli Esteri cinese ha ribadito l'appoggio di Pechino «agli sforzi della Serbia per salvaguardare la sua sovranità e integrità territoriale».
Parlando a Bratislava, Kurti si è mostrato «sorpreso» dalla reazione «eccessiva» e «sproporzionata» degli Stati Uniti nei confronti del Kosovo. E si è detto disposto a valutare nuove elezioni anticipate nel nord del Kosovo se finiranno le violenze. «Ma non cederò la democrazia ai fascisti con la Z», ha aggiunto alludendo ai manifestanti serbi filorussi nel nord.
La nuova grave crisi in Kosovo preoccupa sempre più la comunità internazionale, che teme l'esplodere di un nuovo pericoloso conflitto armato nel cuore dei Balcani e al centro dell'Europa, non lontano dall'inferno ucraino dove proseguono gli scontri armati tra Kiev e Mosca. Con il moltiplicarsi degli appelli alla calma e all'allentamento delle tensioni, che vedono l'Italia e il suo ministro degli Esteri Antonio Tajani in prima linea, oggi alla critica situazione nei Balcani ha fatto riferimento anche la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, che ha annunciato un «nuovo piano di crescita» per la regione, che si vuole tenere sempre più nell'orbita occidentale, sottraendola alle crescenti influenze russe e cinesi.
«Vogliamo offrire in anticipo alle popolazioni dei Balcani occidentali alcuni dei vantaggi dell'adesione» alla Ue, ha detto von der Leyen al Forum di Bratislava.