La 45enne era accusata di aver venduto 30 grammi di eroina
SINGAPORE - Si trovava nel braccio della morte di Singapore da 5 anni, ossia da quando era stata arrestata e condannata alla pena capitale con l'accusa di aver venduto 30 grammi di eroina. Oggi la 45enne Saridewi Djamani è stata impiccata in quella che è stata la prima condanna a morte, da quasi 20 anni, inflitta a una donna nella città-Stato che ha una delle leggi antidroga più severe del mondo sia per chi spaccia che per chi consuma.
L'esecuzione è stata eseguita nonostante la donna si sia sempre difesa sostenendo che la droga era una fornitura accumulata per affrontare il mese di digiuno del Ramadan.
E a nulla sono valse le proteste delle organizzazioni per i diritti umani: secondo la legge di Singapore, la condanna morte è inflitta a chiunque venga sorpreso a trafficare, importare o esportare determinate quantità di droghe illegali come metanfetamine, eroina, cocaina o prodotti a base di cannabis.
«La condanna a morte di Saridewi Binte Djamani è stata eseguita il 28 luglio 2023», ha affermato l'ufficio della narcotici sostenendo anche che ha avuto un «giusto processo» ai sensi della legge. «Ha presentato ricorso e la Corte d'appello lo ha respinto il 6 ottobre 2022», si legge ancora. E non è stata concessa nemmeno la grazia presidenziale, mentre l'Onu ha sollecitato una moratoria sulla pena di morte.
L'esecuzione di Djamani arriva appena due giorni dopo un'altra impiccagione. Il caso riguarda Mohd Aziz bin Hussain anche lui condannato per possesso di droga (50 grammi di eroina) nel 2017.
Le autorità del Paese asiatico sostengono che «la pena di morte è un modo efficace per prevenire la criminalità legata alla droga, mantiene la città-Stato al sicuro ed è ampiamente sostenuta dall'opinione pubblica», scrive il Guardian. Ma le organizzazioni per i diritti umani protestano.
«Non ci sono prove che la pena di morte abbia un effetto deterrente o che abbia un impatto sull'uso e la disponibilità di droghe», secondo Amnesty International. «Questa settimana Singapore ha impiccato illegalmente due persone, dando chiara evidenza di una tendenza irreversibile a eliminare questa punizione che non deve avere più alcuno spazio nelle nostre società».
Sul caso di Djamani era sceso in campo anche il miliardario Richard Branson che aveva esortato Singapore a «concedere la grazia» a Djamani e a interromperne l'esecuzione. Ma tutti gli appelli sono caduti nel vuoto mentre il boia a Singapore non si ferma: la prossima settimana è prevista un'altra esecuzione. Il caso riguarda un ex fattorino condannato nel 2019 per traffico di circa 50 grammi di eroina. L'uomo, 56 anni, si è difeso durante il processo sostenendo di non essere a conoscenza del contenuto del pacco che trasportava.