Tra il primo ottobre e il primo novembre, il numero di palestinesi sottoposti a detenzione amministrativa è aumentato da 1'319 a 2'070
GAZA / TEL AVIV - La detenzione amministrativa e le torture arbitrarie come forma di repressione. Nel corso dell'ultimo mese il numero totale di palestinesi detenuti senza accusa o processo è salito da 1'319 a 2'070. Seppur questa forma di carcerazione fosse già al livello più alto degli ultimi 20 anni, con l'ultima escalation tra Hamas e Israele, Tel Aviv ha cominciato a ricorrervi in maniera ancor più massiccia. Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty international, i detenuti verrebbero sottoposti a torture in barba al diritto internazionale e sarebbero stati privati del contatto con famiglie e avvocati sin dal 7 ottobre. Alcuni di loro sarebbero anche deceduti in condizioni che non possono essere verificate in modo indipendente.
Testimonianze - Analizzando alcuni video e alcune immagini e intervistando diverse persone sottoposte a detenzione amministrativa, Amnesty international è riuscita a realizzare un quadro generale della situazione. Due donne, per esempio, sono state detenute per 14 ore, umiliate e sottoposte a perquisizione a nudo in una stazione di polizia di Gerusalemme Est occupata.
Un uomo ha raccontato di essere stato violentemente picchiato in un villaggio a est di Ramallah lo scorso 12 ottobre prima da dei coloni e poi da degli ufficiali israeliani: «Si è avvicinato e mi ha dato un calcio sul fianco sinistro, poi mi è saltato in testa con entrambe le gambe, spingendomi la faccia nella terra, e ha continuato a prendermi a calci mentre ero a testa in giù nella terra con le mani legate dietro la schiena. Poi ha preso un coltello e mi ha strappato tutti i vestiti, tranne la biancheria intima, e ha usato parte dei vestiti strappati per bendarmi. Le percosse sul resto del corpo non si sono fermate, a un certo punto ha iniziato a saltarmi sulla schiena - tre o quattro volte - mentre gridava 'muori, muori feccia'... alla fine, prima che finalmente smettesse, un altro agente ha urinato sul mio viso e sul mio corpo mentre ci gridava anche lui 'muori'».
Morti durante la detenzione - Dal giorno dell'attacco di Hamas quattro detenuti palestinesi sono morti nei centri di detenzione israeliani in circostanze che non sono ancora state investigate in modo imparziale. «Due dei quattro», si legge nel rapporto, «erano lavoratori della Striscia di Gaza occupata, tenuti in isolamento dall'esercito israeliano in centri di detenzione militare, e la loro morte è stata resa pubblica dall'esercito solo in seguito a un'inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz».
All'interno delle strutture detentive le condizioni sono continuate a peggiorare con la proroga di un mese dello "stato di emergenza nelle carceri" che «conferisce al ministro israeliano per la Sicurezza nazionale poteri praticamente illimitati. Ciò consente di negare ai prigionieri condannati l'accesso ad avvocati e familiari, di detenere i prigionieri in celle sovraffollate, di privarli dell'esercizio fisico all'aperto e di imporre crudeli misure di punizione collettiva come l'interruzione dell'acqua e dell'elettricità per lunghe ore».
Giustificare gli attacchi - Come commentato da Heba Morayef, direttore regionale per il Medio Oriente e il Nord Africa, «gli omicidi sommari e le prese di ostaggi compiuti da Hamas e da altri gruppi armati il 7 ottobre sono crimini di guerra e devono essere condannati come tali, ma le autorità israeliane non devono usare questi attacchi per giustificare i propri attacchi illegali e le punizioni collettive contro i civili nella Striscia di Gaza assediata, così come l'uso della tortura, la detenzione arbitraria e altre violazioni dei diritti dei prigionieri palestinesi. Il divieto di tortura non può mai essere sospeso o derogato, anche - e soprattutto - in momenti come questi».