Il testimone e la chiamata al numero delle emergenze: il Comando Generale dell'Arma spiega cosa accadde.
VENEZIA - La prima aggressione a Giulia è stata ascoltata e vista da un testimone «dal balcone della propria abitazione». Immediata la chiamata dell'uomo al numero d'emergenza (112) a cui però non è seguito l'intervento sul posto da parte dei carabinieri. È quanto emerso con certezza nelle ultime ore dalle parole dei diretti interessati.
«Ho visto. - Conferma il testimone - Sì, ho sentito urlare nel parcheggio di fronte casa mia. In quel momento avevo capito che sicuramente c'era un litigio. Ho avuto paura perché non sapevo se si stavano picchiando, poi ho chiamato i carabinieri. E non ho altro da aggiungere».
La telefonata fatta al numero di emergenza - erano le ore 23.18 e Giulia cercava di difendersi, gridando aiuto, dalla prima aggressione posta in essere nel parcheggio vicino di casa sua - viene riconfermata direttamente da queste parole, pronunciate dal testimone a "Chi l'ha visto?".
Il mancato intervento e il chiarimento del Comando dell'Arma.
Chiamata di soccorso alla quale però non è seguito alcun controllo da parte delle forze dell'ordine. È questa l'ombra che si abbatte sulla dinamica dei minuti successivi al primo agguato. Al quale seguirà poi il definitivo ferimento nella successiva tappa, quella che avviene nel parcheggio della zona industriale di Fossò, poco distante da Vigonovo.
Allora perché non ci fu alcun sopralluogo da parte dei militari?
A rispondere è direttamente il Comando Generale dell'Arma in un comunicato. E lo fa precisando che il testimone «non era stato in grado di indicare il numero di targa dell'autovettura e concludeva la telefonata segnalando che la coppia era risalita a bordo della stessa e si era appena allontanata».
Dunque il mancato intervento dei militari - che va precisato, al momento della telefonata non avevano ancora ricevuto la denuncia da parte del padre di Giulia - viene giustificato dall'entrata al centralino di «una ulteriore richiesta d'intervento per una rissa all'interno di un bar», per la quale si «disponeva l'invio sul posto di un'autoradio in servizio di pronto intervento». Il tutto mentre un'altra pattuglia «era stata già impegnata per una lite occorsa a seguito di un incidente stradale». Ecco perché non vi fu un tempestivo intervento.
Il mistero della seconda telefonata (?) e la denuncia del papà di Giulia.
Ci sarebbe poi stata un'altra telefonata, che al momento non trova riconferme. Quella fatta da un vigilantes che, sempre nella notte tra sabato e domenica, aveva visto le immagini registrate dalle telecamere di sicurezza, dove si vedeva l'aggressione nella zona industriale avvenuta circa mezzora prima. Telefonata che però i carabinieri smentiscono «categoricamente» di aver ricevuto.
Sarà solo il giorno dopo, domenica 12 novembre, che Gino Cecchettin, papà di Giulia, presenterà la denuncia di scomparsa della figlia. Aprendo di fatto quella che sarebbe diventata un'estenuante caccia all'uomo, terminata una settimana dopo in Germania. Quando era tutto troppo tardi.
Domani il rientro di Filippo.
Filippo Turetta arriverà a Venezia domani con un aereo militare proveniente dalla Germania. Il giovane verrà poi trasferito in carcere. Qui - in attesa dell'interrogatorio - sarà sorvegliato a vista e visitato dal personale medico, al fine anche di evitare «rischi autolesivi». E come riconferma oggi un'agenzia AdnKronos, il giovane dovrà rispondere davanti al giudice di omicidio volontario, aggravato dal vincolo del legame affettivo, e sequestro di persona.