L'ex primo ministro britannico si è presentato di fronte alla commissione d'inchiesta indipendente sulla pandemia
LONDRA - L'ex premier britannico Boris Johnson ha ribadito in forma solenne le proprie scuse a tutti coloro che hanno patito «dolore, perdite (di persone care) e sofferenze» durante l'emergenza Covid a causa di lacune nella risposta del governo Tory da lui guidato.
Lo ha fatto in apertura di un'audizione di fronte alla commissione d'inchiesta indipendente sulla pandemia, costituita a suo tempo su iniziativa del suo stesso gabinetto e presieduta dalla baronessa Heather Hallett, ex alto magistrato in pensione e membro della Camera dei Lord.
Non è mancato un tentativo di contestazione iniziale dal pubblico di familiari di vittime presente, durante il giuramento di BoJo: interruzione che Hallett ha peraltro immediatamente tacitato con la minaccia dell'espulsione.
Le scuse
«Sono profondamente dispiaciuto per il dolore, le perdite e la sofferenza delle vittime e delle loro famiglie», ha dichiarato Boris Johnson, aggiungendo di «capire i sentimenti» di chi protesta e auspicando che l'inchiesta possa contribuire a dare «le risposte che legittimamente vengono chieste». Scuse che d'altro canto alcuni contestatori radunati per strada, fuori dall'aula, con cartelli e foto di persone morte di Covid, hanno detto ai media di non essere disposti al momento ad accettare.
Incalzato dalle domande dell'avvocato Hugo Keith, capo inquirente della commissione, l'ex primo ministro ha del resto subito rivendicato al suo governo di aver cercato di fare «il meglio possibile» nelle condizioni date un'emergenza sanitaria senza precedenti. Lasciando intendere anche il peso di iniziative a suo parere positive come la rapidità della campagna di vaccinazioni. Certo, «vi sono state senza dubbio cose che avrebbero potuto essere fatte diversamente», ha poi ammesso, non senza assumere la «responsabilità personale di tutte le decisioni prese».
I «problemi di comunicazione»
Fra gli errori imputati all'esecutivo, Johnson ha quindi riconosciuto «problemi di comunicazione» in seno alle istituzioni britanniche, in particolare con i governi locali delle nazioni del Regno Unito forti dei poteri della devolution sulla sanità (Scozia, Galles, Irlanda del Nord). Mentre ha negato di aver cancellato alcuno dei 5000 messaggi WhattsApp risultati mancanti secondo i media in uno dei suoi telefonini. Quanto al numero di morti legati alla pandemia, l'ex premier ha contestato l'indicazione di Keith secondo cui il Regno avrebbe avuto il secondo tasso più elevato tra i principali Paesi dell'Europa occidentale, sulla base di elaborazioni statistiche più aggiornate; e si è limitato a rispondere con un «non lo so» quando gli è stato chiesto se ritenesse che alcune delle negligenze rinfacciate all'azione governativa potessero aver aggravato il bilancio delle vittime.
L'avvocato ha poi martellato sulle accuse di ritardi di due o tre settimane nell'introduzione del primo lockdown generale britannico (imposto dal governo Johnson a partire dal 23 marzo 2020) e sulla durata del secondo, scattato per 4 settimane dal 5 novembre dello stesso anno. Tempistiche rispetto alle quali BoJo ha detto di essersi fatto condizionare dagli argomenti portati tra i consulenti scientifici dell'esecutivo da alcuni esperti di scienza comportamentale sulle controindicazioni attribuite agli effetti d'una chiusura generalizzata.