La milizia Hezbollah avverte Israele dopo il raid che ieri ha ucciso a Beirut il numero due di Hamas. Il pericolo di un'escalation.
BEIRUT - Solo il tempo potrà dirci se il raid israeliano che ha ucciso ieri il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, nella banlieue sciita di Beirut rappresenterà la linea rossa per un'escalation del conflitto. Quello che è certo è che l'azzardo, se così si può definire, di Tel Aviv porta il conflitto in una nuova dimensione: mai dall'attacco del 7 ottobre e la successiva offensiva all'interno della Striscia di Gaza, l'esercito israeliano si era spinto a tanto.
Lo scambio di missili con la milizia libanese Hezbollah aveva in special modo interessato il sud del Libano e le tanto contese fattorie di Sheb'a (strutture agricole controllate da Israele che Hezbollah e Beirut considerano parte del territorio libanese). Un conflitto di relativa bassa intensità che nascondeva però una miccia pronta a esplodere.
La reazione di Hezbollah non si è fatta attendere. «Le nostre dita sono sul grilletto», ha dichiarato ieri in una nota. «Questo crimine non rimarrà senza risposta e impunito. Consideriamo il crimine assassinare lo sceicco Saleh Al-Arouri come un grave attacco al Libano, i combattenti della resistenza sono pronti». Il segretario generale della milizia sciita Hassan Nasrallah, secondo quanto annunciato, terrà un discorso oggi, mercoledì 3 di gennaio, alle 17. Il paese intero sta trattenendo il fiato per sapere quale sarà la risposta del partito di Dio.
Dal 2018, il Libano è alle prese con un crollo economico profondo che si è tradotto in una crisi sociale e politica che sembra non avere fine. Dal 7 ottobre lo spettro di un'escalation del conflitto non è mai stato così presente come dopo il raid israeliano a Beirut. Una spirale di violenza che potrebbe spaccare il Libano. In un paese in cui le divisioni settarie non permettono un approccio unisono alla questione palestinese, l'escalation del conflitto potrebbe far riemergere gli incubi della guerra civile che nel 1975 sconvolse il paese.
Una paura condivisa anche dal ministro degli esteri del paese dei cedri Abdallah Bou Habib. «Siamo molto preoccupati. I libanesi non vogliono essere trascinati, anche Hezbollah non vuole essere trascinato in una guerra regionale». E rivolgendosi direttamente alla milizia sciita: «Li esortiamo a non rispondere da soli e dialoghiamo con loro a questo riguardo».
Nel frattempo, l'Egitto ha annunciato di aver congelato i negoziati con le parti del conflitto per la liberazione di ulteriori ostaggi. Un ruolo di mediatore interrotto dopo l’uccisione di Arouri. Anche l'Iran non è rimasto a guardare. «Il fronte di resistenza e i palestinesi daranno una risposta appropriata ai criminali Usa e ai loro alleati, che sono i principali responsabili dei crimini nella regione e delle uccisioni brutali dei palestinesi», ha detto Aliakbar Velayati, il consigliere della Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei. «Al-Arouri ha aperto un fronte di migliaia di chilometri contro le potenze arroganti. Il suo nome farà tremare per sempre i corpi dei nemici».