Il Paese è sprofondato in una spirale di violenza senza precedenti. Il presidente Daniel Noboa ha dichiarato lo stato di emergenza.
QUITO - L'Ecuador è sprofondato nel caos. Violenze, rivolte, rapimenti e saccheggi stanno sconvolgendo il Paese. La situazione è precipitata ieri sera quando un gruppo armato ha fatto irruzione in uno studio televisivo a Guayaquil aprendo il fuoco in diretta tv. «Siamo in diretta perché si sappia che non si scherza con la mafia», ha annunciato durante la trasmissione un uomo incappucciato. Solo l'intervento della polizia ha permesso l'evacuazione dell'edificio, l'arresto degli assalitori e la liberazione degli ostaggi.
Per far fronte alla crisi il presidente dell'Ecuador, Daniel Noboa, ha dichiarato che è in corso un «conflitto armato interno» nel paese, che implica lo spiegamento e l'intervento immediato delle forze di sicurezza contro il crimine organizzato. Nel decreto firmato ieri, ad integrazione di quello con cui ha introdotto uno stato di emergenza per 60 giorni, Noboa ha elencato la presenza sul territorio nazionale di ben 21 gruppi del crimine organizzato transnazionale, caratterizzati come «organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti».
La violenza è esplosa domenica sera a Guayaquil, la città epicentro della grave crisi della sicurezza di cui soffrono gli ecuadoriani, prima di espandersi in altre regioni del Paese. Due giorni di caos iniziati dalla fuga del leader José Adolfo Macías Villamar, noto come “Fito” e capo del gruppo criminale Los Choneros. La reazione del presidente Noboa e la dichiarazione dello stato di emergenza hanno alimentato un fuoco già pronto all'esplosione. Le bande criminali non hanno perso l'occasione e hanno scatenato un'ondata di rivolte all'interno delle carceri.
Le autorità dell'Ecuador hanno ordinato l'evacuazione immediata del parlamento e di tutti gli uffici pubblici della capitale Quito. Decisione analoga è stata adottata dalle istituzioni pubbliche di altre città, tra cui Guayaquil. Anche molti commercianti di Quito hanno deciso di chiudere i battenti e mandare a casa i lavoratori in anticipo. In tutto il paese sono stati segnalati scontri, saccheggi in centri commerciali e auto date alle fiamme. Le autorità hanno chiesto alla popolazione di rimanere in casa.
La spirale di violenza in cui è precipitato il Paese ha causato otto morti e due feriti. Un bilancio ancora provvisorio che potrebbe diventare molto più alto. Le vittime - ha riferito il sindaco Aquiles Alvarez in una conferenza stampa - sono state registrate nel corso di diversi attacchi contro la popolazione civile e contro la polizia registrati nel corso della giornata di ieri.
La crisi ecuadoriana è degenerata negli ultimi anni. Il Paese, considerato un tempo tra i più sicuri del Sudamerica, si è trovato al centro di una complessa rete del narcotraffico internazionale. Incastonato tra Colombia e Perù, due tra i più grandi produttori di cocaina mondiali, l'Ecuador è diventato un porto "sicuro" per i narcotrafficanti.
Le prigioni, dove sono scoppiate le rivolte, rappresentano l'altra grande sfida del presidente neo eletto Noboa. «Le carceri sono città dove governano i prigionieri», ha raccontato un agente di polizia a El Pais. «Hanno organizzato loro attività all'interno delle strutture. Possono fare quello che vogliono».