In appena undici giorni il parlamento ha approvato una nuova legge sulla sicurezza nazionale
HONG KONG - Si stringe la morsa sul dissenso a Hong Kong: tradimento, insurrezione, sabotaggio, interferenza esterna, furto di segreti di Stato e spionaggio potranno essere puniti con pene fino all'ergastolo. In appena undici giorni il parlamento ha approvato la sua legge sulla sicurezza nazionale in attuazione dell'articolo 23 della "Basic Law", la mini costituzione della città, disciplinando questi cinque reati. «Un momento storico per Hong Kong», ha commentato il governatore John Lee, euforico per il rapido via libera.
La legge è destinata a integrare quella sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino a giugno del 2020, in risposta alle dure proteste di massa del 2019, alimentando i legittimi timori sull'ulteriore stretta alle libertà sui territori dell'ex colonia britannica.
È proibito ai gruppi stranieri, ad esempio, condurre attività politiche a Hong Kong e alle organizzazioni locali stabilire legami con loro, una mossa progettata per reprimere di più il dissenso nella regione semiautonoma della Cina. La sua portata extraterritoriale ha suscitato preoccupazione tra i critici perché prevede la punizione anche «delle attività illegali» svolte all'estero.
La legge, che entrerà in vigore sabato, punisce il tradimento e il furto dei segreti di Stato. Nessuno dei due è coperto dalla legge sulla sicurezza nazionale, che criminalizza atti di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Secondo la nuova disciplina, i crimini di insurrezione e di tradimento potrebbero essere puniti con l'ergastolo.
Critiche da GB e Usa - Usa e Gran Bretagna hanno espresso disappunto per il testo licenziato, rilevando come le definizioni ampie e vaghe di «segreto di Stato» e «interferenza esterna» potrebbero essere usate ai limiti del libero arbitrio per colpire il dissenso attraverso la paura di arresto e detenzione.
«L'impatto complessivo della nuova legge danneggerà ulteriormente i diritti e le libertà di cui gode la città», ha affermato il ministro degli esteri britannico David Cameron. Decine di attivisti, deputati e giornalisti pro democrazia sono stati accusati ai sensi della draconiana legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, anche attraverso la forzatura giuridica della retroattività.
In parlamento solo «patrioti» - Il Consiglio legislativo di Hong Kong, il parlamento locale, ha iniziato a lavorare sul disegno di legge l'8 marzo scorso, procedendo spedito grazie all'assenza di deputati pro democrazia dopo la revisione elettorale voluta per garantire che solo i «patrioti» possano governare la città nel solco tracciato da Pechino.
Nel 2003, il governo dell'ex colonia propose per la prima volta di procedere all'attuazione dell'articolo 23, ma fu costretto subito ad accantonare il disegno di legge per l'ondata di proteste mosse da oltre 500'000 persone scese in piazza.
Grande soddisfazione in Cina - Euforica, come prevedibile, la stampa statale cinese. La legislazione ex articolo 23 «svolgerà un ruolo cruciale nell'affrontare le lacune della sicurezza nazionale della città, formando un solido scudo con la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong (quella imposta da Pechino, ndr) impedendo le attività dell'Occidente a guida degli Usa di sovversione, infiltrazione, incitamento e spionaggio nella città», ha scritto nella notte il Global Times, tabloid del giornale ufficiale del Partito comunista cinese, il Quotidiano del popolo.
L'ossessione verso le nuove turbolenze in arrivo dall'esterno, quando è in corso il processo di normalizzazione dell'ex colonia, ha spinto la leadership cinese - secondo gli osservatori - a sollecitare la «chiusura delle lacune» esistenti, in tempi rapidi.