Il Cavaliere lascia un commovente messaggio d'amore per la famiglia e i valori che ha sempre difeso, come racconta la primogenita.
MILANO - «Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai… e poi te ne vai». Non sono parole che ti aspetti da chi ha "morso" la vita fino all'ultimo, come ha fatto Silvio Berlusconi, leader di tutto - dalla politica allo sport, passando per l’imprenditoria immobiliare e televisiva -, che si è spento in una mattina di giugno dello scorso anno all'ospedale San Raffaele di Milano. Di quei giorni tutti ricordano il via vai dalla clinica di amici e soprattutto familiari, come quelli che gli furono accanto fino alla fine: il fratello Paolo e i figli Marina, Pier Silvio, Barbara ed Eleonora.
«Un ultimo inno all’amore» - Proprio la primogenita del Presidente, Marina - nata dal matrimonio con Carla Dall'Oglio e quindi sorella biologica di Pier Silvio e sorellastra di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi, figli questi ultimi di Veronica Lario -, racconta le ultime ore di Silvio, che il 10 giugno si trova in clinica, seduto a un tavolino intento a scrivere - in una grafia resa incerta dalla sofferenza - «un ultimo inno all’amore», come spiega Marina, quello «per la famiglia, per gli altri, (...) per la libertà e la democrazia, per la pace e la giustizia, amore sconfinato per la creatura che ha fondato su questi valori, Forza Italia». Un documento, quello messo nero su bianco dal Cavaliere che rappresenta un «documento tragico e grande».
Il Corriere della Sera pubblica in anteprima la descrizione di quelle ore drammatiche, a firma dell'unica testimone («non potrò mai, mai dimenticare. Nemmeno lo voglio»): la presidente di Fininvest, Marina. Un racconto che è poi anche prefazione del libro scritto da Paolo Del Debbio "In nome della libertà", che uscirà il prossimo 9 aprile.
Riferendosi all'ultimo scritto del leader di Forza Italia, la primogenita dell'ex presidente del Milan dice: «Lo buttò giù in una stanza d’ospedale poche ore prima che, la mattina del 12 giugno 2023, si separasse dalla vita».
«Molto affaticato, cupo, sofferente» - Poi, da figlia, il racconto del dolore di assistere alla fine del padre, che (il 10 giugno) era come divenuto, in poche ore, «un altro uomo - scrive Marina - abbandonato su una poltrona, molto affaticato, cupo, sofferente. Per me fu un colpo tremendo». Diventa difficile per lei «mantenere il sorriso», mentre vede il Presidente farsi accompagnare a un tavolino - quello da dove non smise mai di lavorare fino all’ultimo - e poi chiedere «carta e penna, chinare il capo e cominciare a scrivere».
«… e poi te ne vai» - Poco dopo, quella frase pronunciata da un padre alla sua prima figlia: «Vedi, Marina, la vita è così: vieni, fai fai fai… e poi te ne vai». Il silenzio che segue possiamo forse solo immaginarlo, le lacrime di chi ascolta trattenute a stento, ma che poi «scesero ugualmente». «Mi guardò con un sorriso dolcissimo - prosegue Marina - mi prese la mano e la accarezzò lentamente. Poi riprese a scrivere».
Fino a che «con la sua grafia più incerta, il periodare meno fluido, le tante correzioni», Silvio Berlusconi completa quello che resta: uno scritto di quattro pagine che hanno il sapore di un lascito di idee. «Solo un uomo grande come lui - spiega ancora la leader di Fininvest - a poche ore dalla morte, dilaniato dal male che se lo stava portando via, poteva ritrovare il coraggio, la forza, la determinazione per ribadire ancora una volta, sapendo che sarebbe stata l’ultima, l’attaccamento a tutto quello per cui si è sempre battuto».
«Papà...» - E oggi a distanza di mesi, ciò che forse quel giorno di giugno in ospedale le era rimasto strozzato in gola può ora aprirsi e liberarsi in un ultimo saluto: «Papà, tu come tutti gli uomini potrai anche andare, ma non se ne andrà mai quello che hai fatto, non se ne andranno mai gli ideali per i quali ti sei battuto».