Le truppe russe avanzano in Donbass ma il Cremlino è chiamato a difendersi da accuse infamanti.
KIEV - Mosca avanza sul campo e si difende dalle accuse dell'Occidente, come quelle di aver utilizzato armi chimiche e non solo. Ma iniziamo dal conflitto. Ieri le truppe di Putin sono riuscite a «sfondare» - come ha ammesso Kiev - l'accesso al villaggio di Berdichy (Avdiivka), nel Donbass ucraino. Tappa strategica in chiave logistica, perché da lì - secondo Ria Novosti - transiterebbero i rifornimenti delle truppe ucraine nella regione.
E a una battaglia conclusa, sempre ieri, ne è emersa un'altra di altrettanto valore strategico, quella per Chasiv Yar, nell'Ucraina orientale. Determinante perché consentirebbe all’invasore di poter poi attaccare la spina dorsale della difesa ucraina: la città è da mesi bersaglio di bombardamenti russi e il suo abitato è stato letteralmente incenerito dalle esplosioni.
Ma - come detto - dall'attacco sul campo, il Cremlino si è dovuto spostare in difesa, per rigettare l'accusa del Dipartimento di Stato americano. Quella di aver usato nel Kherson «un'arma chimica», la cloropicrina: gas che provoca gravi difficoltà respiratorie e che sarebbe stato usato «in violazione della Convenzione sulle armi chimiche». Ecco che, per bocca dell'ambasciatore di Mosca a Washington, Anatoly Antonov, il Cremlino ha dunque respinto l'attacco, bollandolo come «odioso e infondato».
Risposta che non è stata però sufficiente a dissolvere una nuova ombra su Mosca, quella di aver compiuto «crimini di guerra efferati». E ad accusare le forze armate russe questa volta è stata Human Rights Watch. L'ONG ha infatti denunciato l'«esecuzione sommaria di soldati ucraini, arresi e feriti - almeno 15, secondo l'organizzazione -, uccisi a sangue freddo con armi da fuoco». Il tutto sarebbe stato documentato con immagini e video, girati con l'ausilio di droni.